interpreti G. Nigl, H. Waddington, J. Graham-Hall direttore Franck Ollu regia Andrea Breth scene Martin Zehetgruber regia film Myriam Hoyer teatro La Monnaie, Bruxelles dvd Alpha 717
Tra i lavori teatrali di Wolfgang Rihm Jacob Lenz (1977-78) è quello che ha avuto la maggior diffusione, facilitata dalla brevità e dal fatto che si tratta di un’opera da camera, ma dovuta a meriti molto più sostanziali: riascoltata oggi, questa musica non ha perduto nulla della sua forza espressiva. La scelta stessa del soggetto (tratto dal racconto di Büchner sull’inesorabile precipitare nella follia di Jacob M. R. Lenz) vale una dichiarazione di ribelle insofferenza che si riflette direttamente sul piano musicale: Rihm rifiuta ogni forma di autocostrizione, si serve senza inibizioni di un linguaggio libero e aperto in diverse direzioni, si collega in modo originale all’eredità dell’Espressionismo, ad autori come Berg o come il più vicino Bernd Alois Zimmermann. Fin dalla prima rappresentazione (Amburgo 1979) la vitalità coinvolgente e la esplosiva forza dell’opera si imposero con l’evidenza della rivelazione. L’abile libretto di Michael Fröhling rielabora liberamente l’incompiuto racconto di Büchner, basato su fatti e personaggi reali: Lenz fu uno dei protagonisti dello “Sturm und Drang”, Christoph Kaufmann, suo amico, un intellettuale e scrittore, Johann Friedrich Oberlin un pastore protestante che per qualche tempo ospitò Lenz e cercò di aiutarlo. Sono questi i personaggi dell’opera, ai quali si aggiungono le sei voci che rappresentano le angosce, le ossessioni, le speranze della dissociata interiorità di Lenz, nella sua impossibilità di adattarsi all’ordine del mondo che lo circonda (e inoltre alcune voci di bambini). Nelle rappresentazioni a Bruxelles nel 2015, su cui si basano le riprese del film di Myriam Hoyer, la impeccabile interpretazione musicale era guidata con intensità e nitida precisione da Franck Ollu, ed eccellente protagonista era Georg Nigl affiancato assai bene da Henry Waddington (Oberlin) e dal tenore John Graham-Hall (Kaufmann). Lo spettacolo ideato da Andrea Breth con antinaturalistiche scene di Martin Zehetgruber avrebbe meritato di essere ripreso con criteri non cinematografici, diversamente cioè da come ha fatto Myriam Hoyer (il cui lavoro viene definito film). Per l’insistenza sui primi piani (che peraltro i protagonisti reggono benissimo) si riesce ad avere solo una qualche parziale idea di come doveva essere la regia di Andrea Breth. Un solo esempio: nelle prime scene c’è in azione un doppio del protagonista; ma è quasi impossibile vedere i due contemporaneamente perché si insiste sui primi piani dell’ottimo Nigl. Il poco che si riesce a intuire fa rimpiangere la possibilità di vedere per davvero l’intenso spettacolo di Andrea Breth, una regista che ha qualità geniali anche se ha firmato talvolta spettacoli cervellotici e oscuri.
Paolo Petazzi
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