direttore Franz Welser-Möst
regia video William Cosell
orchestra The Cleveland Orchestra
formato 16:9
lingua ingl., ted.
dvd Arthaus Musik 101 481
Continua il cammino mediatico dei favolosi Clevelander e il loro connubio con Bruckner, favorito dal direttore Franz Welser- Möst (la cui città natale è Linz): dopo i pregevoli live della Quinta a Sankt Florian nel 2006 e della Nona nella splendida “cassa armonica” del Musikverein viennese nel 2007 (dvd Euro Arts), è ora la volta della Settima, registrata nel 2008 nella sede naturale dell’orchestra, la monumentale Severance Hall, tempio musicale art déco. Tocca dunque al maestro austriaco riaffrontare, dal famoso tremolo iniziale dell’Allegro moderato, la partitura ormai leggendaria: ce ne offre una lettura scorrevole, pulita, unitaria, esibendo senza enfasi il suono morbido degli archi e la duttilità delle prime parti. Certo, c’è molto controllo, come nella precedente versione con la London Philharmonic (Emi), e molti preferiranno un Bruckner più problematico, pervaso di maggiore tensione, più misterioso, con gli occhi rivolti al cielo ma anche sprofondato negli abissi dell’anima. E allora dovremo rivolgerci, tanto per cominciare, alle versioni epiche ed eroiche di Furtwängler con i Berliner (ad es.Teldec 1942; Emi 1949; Music & Arts 1951; Dg 1951) o di Knappertsbusch con i Wiener (Music & Arts 1949), dal suono corposo e dall’incidere solenne, che già allora si contrapponevano alla scioltezza guizzante di Schuricht (l’incunabolo del 1938 con i Berliner, cd Iron Needle), che ritroveremo poi nella luminosa chiarezza del Bruno Walter maturo (Testament 1954; Sony 1961). Ma la schiera degli apostoli di Bruckner, capaci di imprimere un marchio indelebile anche sulla Settima (sorvoliamo qui sulle edizioni prescelte), si infittisce, venendo oggi a formare una sorta di schiera eletta. Il riferimento è soprattutto a Klemperer, Jochum, Karajan e Celibidache: quattro percorsi, quattro storie. In Klemperer (Music & Arts 1958; Emi 1960) si riflette la lezione di Walter, rivissuta con estrema intensità e distesa lungo un arco narrativo contemplativo. In Jochum, che ci ha dato ben due integrali, una con i Berliner (Dg, 1964 la VII) e l’altra con la Staatskapelle di Dresda (Emi 1976), si rispecchia tutta la passione e la maestria del fine artigiano. Karajan e Celibididache sono agli antipodi: li accomuna solo il fatto di essere due geni dell’alchimia musicale, due maghi del suono. Per il direttore austriaco Bruckner fu un amore tardivo, che diede tuttavia frutti impressionanti, anche nella Settima, così allucinata e visionaria (soprattutto Dg 1989 con i Wiener). Per Celibidache la scintilla era scoccata con largo anticipo e il fuoco non si sarebbe mai spento: la sua Settima, con i complessi di Stuttgart (Dg 1971), con i Berliner per il grande ritorno del 1992 o con i Münchner (Emi e Sony) è il respiro gigantesco e spirituale della musica per eccellenza. Chi si è addentrato nei meandri di questa partitura, dominando l’immenso fiume sonoro, conoscendo ogni piega della possente architettura in modo più fascinoso di questi due colossi? Solo Abbado. Dovremmo forse oggi pensare anche a Barenboim (Berliner, Teldec 1992), già protagonista di una giovanile integrale con la Chicago Symphony (Dg 1979); in parte anche a Thielemann, custode di questa stessa tradizione, più che a Mariss Jansons, che pare invece orientato verso altri orizzonti. Possiamo inserire nel quadro già tracciato altre Settime importanti, di area mitteleuropea (Masur e Wand, von Matacic e Solti). Ma altri due anelli fondamentali mancano all’appello: quello formato dal Concertgebouw olandese, dove Bruckner è una presenza costante fin dagli anni di van Beinum (una Settima scattante e linda: Decca 1953) e poi dall’era di Haitink (una esecuzione travolgente, nell’ambito di ben due integrali, Philips 1966 e 1978). C’è poi la linea italiana: a parte un rarissimo Toscanini, è tutta una storia emersa di recente, che trova le sue pietre miliari in Giulini (Philharmonia Bbc Legends 1982; Wiener Dg 1986); Sinopoli (Dg 1991), Muti, Chailly (Decca) e soprattutto nell’insuperabile Abbado dai mille volti, tra estasi incandescente, cupo presagio di morte, serena dolcezza (Wiener Dg 1992; Lucerne 2005 dvd Euro Arts; da ultimo con le orchestre Mozart e Haydn).
Giovanni Chiodi