Daniel Barenboim, ospite dell’Università Cattolica in un incontro moderato da Enrico Girardi, anticipa come sarà il Fidelio che inaugura il prossimo 7 dicembre la nuova stagione della Scala, l’ultima opera che affronta come direttore musicale del Piermarini. “La storia che di solito si racconta, delle tre versioni dell’opera – 1805, 1806 e 1814 – e della stesura definitiva avvenuta solo nell’età della Restaurazione, non è completa. Nel 1806 le recite del Fidelio furono uno scandalo. Il compositore litigò col teatro: l’ouverture era troppo grande, e i dialoghi parlati non andavano bene. Queste circostanze costringeranno dopo 9 anni a cambiare ouverture e dialoghi. Pero nel 1810 Beethoven fece stampare lo spartito con la versione del 1806, con l’ouverture Leonora 2 e i vecchi dialoghi. Ecco perché non suoneremo la versione cosiddetta definitiva dell’ouverture, che rappresenta un passo indietro. L’idea beethoveniana di un’ouverture che contiene i temi e illustra l’opera, era originale: anticipa Wagner. Nel 1814 Beethoven ha cambiato anche l’ordine dei primi due brani, per una ragione armonica. Ma noi in questo caso manterremo l’ordine definitivo, prima il duetto e poi l’aria di Marcellina: funziona di più dal punto di vista del racconto. Anche se non sono del tutto sicuro di questa scelta”. Barenboim sottolinea anche le discontinuità stilistiche dell’opera.”Si parla sempre di tre periodi della creatività beethoveniana. Ma nel primo stile i movimenti lenti sono già profondi e perfettamente assimilabili all’estetica del Beethoven ‘eroico’. Vale anche per il Fidelio. Così il quartetto del primo atto è già del Beethoven che verrà; subito dopo, con l’aria di Rocco, si ritorna allo stile di Haydn e Mozart”. Il direttore poi parla di una caratteristica del linguaggio d’autore, poco nota:
“non c’è un altro compositore che utilizza il silenzio, con tutte le sue funzioni e possibilità, come Beethoven. Anche in Fidelio, il silenzio è una parte organica della musica. La musica continua anche quando c’è il silenzio”. Per quanto riguarda le voci, “Beethoven non ha scritto per facilitare la vita ai cantanti, ma questo vale anche per la sua scrittura violinistica o pianistica. La scomodità fa parte del suo modo di scrivere musica: garantisce tensione e scongiura la superficialità”.
Passando alla commistione di musica e parlato, tipica dei Singspiele come Fidelio, Barenboim dice “che nei dialoghi il linguaggio in questa edizione sarà modernizzato, aggiornato secondo la lingua di oggi. Ma come si fa a passare da una grandissima musica alla quotidianità del linguaggio in prosa di questo libretto? Solo con un vero lavoro teatrale sui dialoghi, solo con l’impegno del regista, si riesce a colmare l’immensa distanza”. Ma qual è il tema più importante dell’opera? “Come il Tristano, anche il Fidelio spesso non è visto per quello che è: il tema principale è l’amore, il grandissimo amore che spinge una donna a liberare il marito. Non la libertà come ideale a sé stante. Anche Bush e l’America del 2002 volevano estendere i benefici della libertà a tutto il pianeta…”.
Nov252014
Barenboim presenta Fidelio
All'Università Cattolica il direttore anticipa come sarà la sua ultima inaugurazione alla Scala il prossimo 7 dicembre