Avrebbe dovuto dirigerla Gergiev, insieme al Macbeth di Verdi che debutterà alla Scala il 28 marzo. Ma niente da fare: lo “zar” del Mariinsky è trattenuto in Russia e ha dovuto cedere la bacchetta a Martyn Brabbins, che salirà sul podio il 16 marzo in occasione della prima di Cuore di cane, opera già rappresentata ad Amsterdam (che l’ha commissionata) e Londra nel 2010. Prevista per il 13, la serata inaugurale è stata rimandata per problemi scenotecnici, che non hanno compromesso il calendario delle prove (le modalità di cambiamento data o di rimborso – per chi aveva acquistato biglietti per la recita del 13 – si trovano nel sito del teatro alla Scala). La regia sarà dell’attore Simon McBurney, fondatore della compagnia londinese Complicite. Alexander Raskatov, compositore russo che oggi vive in Francia, nella conferenza stampa tenuta alla Scala, rivendica la necessità di superare la crisi dell’opera contemporanea attraverso l’ “impulso di comunicare”, riprendendosi una popolarità che oggi appartiene al cinema. E forse anche da questa convinzione proviene la scelta di porre in musica Cuore di cane, da Bulgakov, una vicenda paradossale che racconta in sedici scene e un epilogo la storia di un cane che, attraverso un’operazione, diventa umano e compie innumerevoli malefatte. La satira nei confronti dell’ “uomo nuovo”, costata a Bulgakov l’interdizione dall’attività di scrittore, oggi offre invece una riflessione sul tema dell’eugenetica e della manipolazione della natura: “ma non ho voluto fare il giudice”, precisa però Raskatov, “mi sono semplicemente divertito a scrivere musica su questo soggetto”. La scelta del librettista è caduta sull’italiano Cesare Mazzonis, anche se poi il testo – che si riferisce a Bulgakov abbastanza da vicino – è stato ritradotto in russo e modificato dallo stesso compositore. Il cane canta con tre voci diverse: quando è ancora animale con quella di un soprano drammatico rauco e amplificato dal megafono o con l’altra, timbricamente opposta, di un controtenore; da “umano” invece si esprime attraverso un ampio registro tenorile. Raskatov la definisce “opera estrema” anche per la presenza di una musica di forte impatto, che prevede l’uso di bande (con balalaike o fiati) e l’intervento di numerose percussioni ("alcune imitano il latrato di cane”) o di strumenti normalmente non presenti in orchestra, come la chitarra elettrica. “Mi sono ispirato a un senso di libertà interiore, che riesce a fondere un recitativo o un arioso alla Monteverdi con la parodia delle vecchie canzoni sovietiche. Altrove un coro russo della tradizione ortodossa diventa uno stornello indecente. Ma non ho voluto scrivere un lavoro eclettico. Al contrario la musica di quest’opera ha un profilo ben individuato, che si adatta solo a questo soggetto”.
A differenza dell’originale letterario, che vede dissolversi l’incubo, la versione operistica non prevede un lieto fine: “alla fine”, conclude Raskatov, “l’orchestra tace, è presente un coro di cani che cantano amplificati dai megafoni. E minacciano di mangiarci tutti”.
(6 marzo 2013)