Dario Argento porta in scena “Lucia di Lamermoor” a Genova

Al Carlo Felice dal 21 febbraio al 1° marzo l'allestimento del “maestro del brivido”

Fantasma dell'OperaIl “maestro del brivido” è lui. Scorrendo il curriculum di Dario Argento, ci s’imbatte in titoli di film che hanno fatto la storia dell’horror e del thriller italiano, da L’uccello dalle piume di cristallo a Profondo rosso, da Suspiria a Phenomena. Non ci si può dunque stupire della scelta, per la regia di un’opera lirica (dal 21 febbraio al 1° marzo, al Teatro Carlo Felice di Genova) della donizettiana Lucia di Lammermoor, melodramma dai forti connotati thriller.
Quando un regista cinematografico decide di passare all’opera?
“In realtà, per me è un sogno che credo di aver maturato già da bambino. Accompagnavo mia nonna all’Opera di Roma. È stata lei a farmi amare ed a farmi conoscere l’opera. Tanto che poi ho inserito il melodramma anche in alcuni miei film, da Opera, ambientato proprio alla vigilia di una prima del Macbeth di Verdi, a Il fantasma dell’Opera (nella foto, ndr) una rivisitazione dell’omonimo classico letterario di Gaston Leroux. Poi l’anno scorso ho deciso di compiere il grande passo e debuttare come regista d’opera proprio nel verdiano Macbeth al Teatro Coccia di Novara”.
Ha avuto dubbi ad accettare questa regia?
“No, nessuno. Perché è una trama già nelle mie corde. Sul palco infatti c’è un assassino che è una donna, usa un coltello, c’è la turba psichica della follia. Insomma, sembra la sinossi di un mio film! E poi so che lavoro con veri esperti dei loro rispettivi ruoli come Desirée Rancatore quale Lucia, Stephen Costello nei panni del suo amato Edgardo e Stefano Antonucci in quelli di Enrico”.
Ha promesso una Lucia “inquietante”. Come?
“Credo che tutta l’opera sia abitata da situazioni e da personaggi del tutto inquietanti a cominciare dalla protagonista. Ma anche gli altri personaggi sono per l’appunto molto inquietanti, come, ad esempio, il fratello di Lucia, Enrico. Quello che vado a ricreare in teatro è un’atmosfera tetra e disperata, la stessa che si respira d’altronde nelle pagine del romanzo da cui l’opera è tratta, La sposa di Lammermoor di Walter Scott”.
Lei resterà fedele alla tradizione per questa sua Lucia?
“Ho rispetto totale per compositore e librettista, ma oggi ho voluto ambientare Lucia a metà dell’Ottocento invece che nella Scozia di fine XVI secolo. Questo perché ritengo che Donizetti abbia voluto raccontare con la sua sensibilità di musicista un fatto anche a lui contemporaneo. Per questo la scena ricreerà esterni e le sale del castello in maniera abbastanza neutra, poco naturalistici, ma efficaci dal punto di vista emotivo”.
Quali “effetti speciali” vedremo?
“L’opera è per me come un piano sequenza continuo che certo non mi permette di zoomare come potrei fare sul grande schermo, ma che mi fa usare alcuni espedienti per ovviare a questa mancanza. Ecco allora che in questa Lucia utilizzo alcune proiezioni e rendo visibili sul palco alcuni elementi del racconto. Ad esempio, durante la prima aria di Lucia, “Regnava nel silenzio”, dove lei si mostra ossessionata dal fantasma, faccio apparire sul palco il fantasma in modo che questo sia visibile anche al pubblico in sala. Inoltre userò i cambi di scena a vista che sono in grado di imprimere al racconto teatrale un taglio più vicino possibile a quello cinematografico. E anche per la scena della pazzia ho in mente degli ‘effetti speciali’, ma al momento sono top secret. La suspense deve essere live, altrimenti non c’è suspense!”.
Antonio Garbisa


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