A pochi giorni dalla “prima” del Fidelio, e dopo tanti contrasti tra vecchio e nuovo sovrintendente della Scala, arriva la tregua, con i complimenti di Pereira a Lissner: “Questo spettacolo è stato pianificato da Stephane Lissner: Stephane ha fatto una cosa molto bella, molto fine. Con Barenboim e la regista Deborah Warner quello che si vede e si sente è pieno di emozioni e di colori”. A dare i dettagli ci pensa la stessa regista inglese: “Fidelio è la storia della ricerca della verità. La scoperta di un’ingiustizia compiuta alla luce del giorno, che va rovesciata. In questo senso è una storia politica. Ma è anche una storia d’amore, l’archetipo è quello della discesa agli inferi, ma con ruoli invertiti: stavolta è la donna che discende nell’inferno delle prigioni per salvare l’amato. Ne parliamo adesso in cui la cronaca offre spunti di situazioni simili: dall’Ucraina al mondo arabo. Ma abbiamo deciso di evitare riferimenti cronachistici precisi. Il nostro ambiente è contemporaneo ma universale, ovunque nei luoghi di sofferenza del secolo passato. Le scene di Chloe Obolensky”, rivela la regista, “sono contemporaneamente realistiche e poetiche. La prigione non è concepita come prigione, ma è una fabbrica abbandonata, un’area dismessa utilizzata come spazio di reclusione temporaneo (è una cosa che ormai accade di frequente nelle periferie delle città). Si tratta di un luogo straniante, difficile: dove però ci si adatta a una vita normale, quotidiana, come sono costretti a fare personaggi umili come Jaquino e Marcellina”.
“Si tratta di un’opera”, continua la regista, “che richiede cantanti e attori straordinari. Quelli che saranno protagonisti alla Scala lo sono: hanno già cantato in questi ruoli più volte, ma sono stati molto disponibili ad approfondire di nuovi i personaggi. A scavare non solo buche, come nel plot dell’opera, ma anche nella loro intimità”.
Deborah Warner aveva già messo in scena l’opera, non è il suo primo Fidelio. “La differenza con quello allestito a Glyndebourne nel 2001”, spiega, “risiede nel fatto che allora gli eventi traumatici erano molto circoscrivibili (e riconducibili alla contrapposizione tra terrorismo arabo e America di Bush, ndr) cosa che mi aveva portato a dare connotazioni sceniche specifiche, legate strettamente all’attualità. Oggi i conflitti, le guerre, sono così tanti e così complessi che si fa fatica a comprenderli. E anche a trasferirli direttamente sulla scena”.
Il tipo di opera, che alterna musica a parti parlate, com’è tipo del Singspiel, è un problema secondo Anja Kampe, protagonista attesa nel ruolo di Fidelio/Leonore, cantante di fama internazionale ed ex allieva dell’Accademia della Scala: “i dialoghi parlati per un cantante sono un guaio, soprattutto in teatro grande come alla Scala: un luogo molto diverso dai teatri di prosa”.
Klaus Florian Vogt, Florestano, aggiunge un particolare non trascurabile nella definizione del suo ruolo. “Sono stato colpito dall’affermazione della regista, secondo cui Florestan è un personaggio debole, perché per tanti anni ha ricevuto poco cibo: infatti la parte vocale non può essere cantata in maniera ‘debole’. Su questa discrepanza ho lavorato in maniera molto intensa nelle ultime settimane”.
La regista ci tiene a puntare l’attenzione su un aspetto che caratterizza per intero la sua concezione: “abbiamo pensato a due ambienti sociali distinti, quello di Rocco, che è estremamente misero, con personaggi – Rocco, Marzelline, Jaquino – senza speranza sociale. L’altro è abitato da personaggio altolocati, per quanto perseguitati. L’aria di Marcellina, dunque, non è un’aria d’amore, è la manifestazione della volontà di rompere quelle catene, di spezzare quei vincoli”. In maniera speculare a quanto fa Leonora.
Nov272014
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