(Orl/AdnKronos) – “Il nostro comparto è protagonista di un grande sforzo organizzativo e artistico, per salvaguardare la vita delle Fondazioni liriche italiane e conseguentemente i loro progetti culturali oltre alle migliaia di posti di lavoro che ne dipendono. Sono aumentati pubblico, produzione e produttività e questi non paiono essere dati positivi”. È quanto scrive l’Anfols, l’associazione che raggruppa le fondazioni lirico sinfoniche italiane, in una nota a firma del suo presidente, Cristiano Chiarot, a proposito di un’inchiesta pubblicata sul numero in edicola oggi della rivista “Classic Voice” che parla di “arenizzazione” dei teatri lirici italiani.
Secondo la rivista diretta dal musicologo Andrea Estero, infatti, a fronte di un innegabile aumento di produttività e presenza di pubblico, più volte sottolineato in precedenti inchieste, le Fondazioni liriche mostrerebbero cartelloni sempre più appiattiti sul repertorio tradizionale: allestimenti di ‘Tosche’ e ‘Traviate’ in aumento, e sempre meno novità o riscoperte, con messe in scena di opere del Novecento o del Barocco a fare da cenerentole. “Gli esami per le Fondazioni liriche non finiscono mai e ciò è sempre di aiuto anche se va rilevato che spesso, purtroppo, in sede di giudizio non tutti gli aspetti delle questioni sollevate sono valutati adeguatamente”, scrive il sovrintendente della Fenice nel suo ruolo di presidente dell’Anfols, che rivendica “lo sforzo compiuto da tutte le Fondazioni per dare spazio a nuove produzioni e nuovi autori”.
“Nell’analizzare le stagioni – si legge nella nota – ad esempio, forse non si sarebbe dovuto dimenticare l’andamento del Fus e come nessuna delle dodici fondazioni liriche aderenti all’Anfols ha ricevuto finanziamenti straordinari, anzi stiamo aspettando con trepidazione i risultati degli sforzi che il ministro Franceschini sta facendo per reintegrare il taglio apportatoci nel Fus del 2015”. “Evidentemente – conclude Chiarot -questo riassetto ha convinto molti a non ripetere gli errori del passato, quanto a scelte di programmazione e di gestione che avevano messo a repentaglio la vita stessa delle nostre istituzioni”.
Fin qui il lancio dell’AdnKronos. Resta da precisare che il panorama descritto (e difeso) da Chiarot è molto diseguale: come si sottolinea nell’inchiesta pubblicata sul numero di luglio, ci sono teatri che hanno stagioni caratterizzate da equilibrio di contenuti (il Comunale di Bologna o la Fenice di Venezia, con il 70% di repertorio e il 30% di riscoperte, rarità, prime esecuzioni) e altri che invece dedicano a queste ultime addirittura meno del 10% delle scelte artistiche. Spesso i teatri più curiosi sono anche quelli economicamente più virtuosi. Sarà un caso?
(nella foto “Il killer di parole” di Ambrosini alla Fenice di Venezia)