“Eravamo un bel gruppo, quella sera: Claudio [Abbado], Daniel [Barenboim], Salvatore [Accardo] e John Williams, che qualche giorno prima mi aveva presentato Segovia. A Siena ci ero arrivato quasi per caso, su consiglio di colleghi viennesi, e ho trovato subito gli amici della vita, infatti in autunno anche Claudio arrivò a Vienna e in Italia tornammo insieme l’anno successivo”. Inizia così il diario che Zubin Mehta, sfogliando l’archivio della sua carriera musicale raccolto e regalatogli da Francesca Zardini per gli ottant’anni, ha scritto in esclusiva per “Classic Voice”, con la complicità di Angelo Foletto.
“Per entrare alla Chigiana”, scrive Mehta, “avevo dovuto fare un esame d’ammissione con Carlo Zecchi. Un vero incubo: prima di allora non avevo diretto che qualche prova scolastica, e l’esame consisteva nella concertazione della Settima di Beethoven, il primo tempo. Non avevo idea di come iniziare, ho passato la notte a studiare con un compagno di camera, un direttore americano. È andata bene, Zecchi mi ha preso anche in simpatia. Comunque era molto gentile con tutti noi. Un artista straordinariamente umano oltre che un grandissimo musicista. Non posso dire lo stesso di Alceo Galliera che insegnava direzione nel 1957. Un uomo cattivissimo con gli allievi, e poco positivo nell’insegnamento. Non lasciava dirigere più di quattro battute di seguito, continuava a fermare l’orchestra urlando perché voleva dimostrarci che solo lui conosceva bene la partitura”.
E’ solo la prima pagina di uno zibaldone intimo, e senza peli sulla lingua, che ripercorre cinquant’anni di vita musicale. Le altre, dal debutto alla Scala al rapporto con Casals, dall’amore per Strauss e Schoenberg all’amicizia con Rubinstein (a cui fece dirigere l’orchestra con esiti disastrosi), fino alle opere nelle quali vorrebbe ancora debuttare, si possono leggere integralmente sul numero di luglio-agosto di “Classic Voice”.