Mascherina sì, mascherina no. E mentre si discute sull’eventualità di farla mettere a spettatori e musicisti, lo spettacolo dal vivo sparisce. È questa l’amara fotografia scattata all’inizio della fase 2 dell’emergenza virus, seguendo gli scambi di opinione in rete – pardon, webinar – tra gli operatori di settore. Le Fondazioni lirico sinfoniche, i Teatri di tradizione e le Orchestre regionali attendono segnali dal Ministero, acquattate nel loro loro guscio di protezione Fus (Franceschini lo ha confermato uguale anche per l’anno prossimo) a tutt’oggi integro, essendo i costi di produzione ridotti quasi a zero. La Scala progetta faraoniche Aide e affollati Requiem incompatibili col necessario distanziamento sociale, dove coristi e orchestrali sarebbero più numerosi degli spettatori in sala.
Alcuni festival estivi pensano a soluzioni più pragmatiche: a Verona (cartellone “vero” rimandato all’estate ‘21) si è pronti per serate-evento da agosto con l’orchestra in platea, tremila spettatori sparsi sulle gradinate e le immancabili grandi voci. Così come a Ravenna, che ha presentato al ministro un progetto alternativo alla Rocca Brancaleone. Bravi, cambiare, reinventarsi per un po’, è l’unica strada percorribile: seguita anche dalla Fenice – insieme alla Scala il solo teatro in cui i biglietti venduti contano molto – che promette concerti all’aperto d’estate e ipotizza di farci tornare in teatro a settembre posizionando l’orchestra in platea, col pubblico nei palchi e sul palcoscenico. Noi immaginiamo – per questa fase – repertori nuovi, creazioni contemporanee, cicli liederistici – magari reinventati dal contributo di drammaturgie speciali -, reunion di grandi solisti, opere barocche in forma di concerto. Tutto ripreso in streaming dal vivo e a pagamento, per gli spettatori che non potranno essere in sala. O che vivono dall’altra parte del mondo. Come stanno già facendo i magici Berliner, che eseguono live concerti a ranghi ridotti e li mandano in diretta nella loro Concert Hall digitale.
A questi progetti innovativi manca solo il sì del Consiglio dei Ministri alla prudente “riapertura”. Per favorirla, ci siamo uniti per la prima volta con tutte le altre riviste musicali italiane, “Amadeus”, “L’Opera”, “Musica”, “Suonare News”, e abbiamo presentato una petizione: “Chiediamo al Governo quando deciderà di riaprire i servizi turistici, come la ristorazione all’aperto e l’ospitalità alberghiera, di autorizzare anche lo svolgersi di manifestazioni artistiche all’aperto, con le stesse precauzioni sanitarie e di distanziamento sociale”. Collegare lo spettacolo dal vivo al turismo è il grimaldello che può consentire di tornare in scena: con tutte le precauzioni sanitarie necessarie, ovviamente. D’altra parte il nostro non è soltanto un settore economico importante, che offre lavoro a centinaia di migliaia di artisti e operatori, ma è soprattutto un pilastro dell’attività culturale, dunque un preciso diritto/dovere costituzionale, che lo Stato non può sospendere a tempo indeterminato senza fornire prospettive sul suo futuro. I primi firmatari dell’appello sono 30 grandi musicisti italiani, da Riccardo Muti ad Antonio Pappano, da Maurizio Pollini a Salvatore Accardo, da Riccardo Chailly a Daniele Gatti, da Cecilia Bartoli a Carmela Remigio, da Emma Dante e Damiano Michieletto. Una richiesta corale che attraversa le generazioni dei musicisti italiani, dal Premio Oscar Ennio Morricone alla giovanissima star del pianoforte Beatrice Rana. A cui si sono aggiunti importanti associazioni, come Agis, Confturismo, Asseprim, Cidim, Confguide, Impresa Cura Italia, Associazione Nazionale Critici Musicali. Speriamo che dia presto i suoi frutti.
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