Se n’è andato questa notte Vittorio Franchini, giornalista e scrittore appassionato di jazz e di Africa, scrittore capace di coinvolgere il lettore con racconti che avevano ora la dissacrante disperazione dei cantanti di blues alla Robert Johnson, figlio del Mississippi, ora l’elegante spensieratezza di George Gershwin, figlio della borghesia dei primi decenni del secolo. Negli ultimi anni anche i nostri lettori hanno potuto godere delle sue “Storie di jazz” su “Classic Voice”, al quale si è dato con slancio elevando a stelle di un unico firmamento musicale americano personaggi senza un soldo senza una casa ma venerati dagli appassionati come i grandi bluesman; oppure geniacci segnati dalla tossicodipendenza come molti di quella generazione quali Charlie Parker o Chet Baker, trombettista in bilico fra arte e consumo, volato da una finestra nel 1988. Franchini sapeva restituire ricordi vivacizzandoli con colori alla Van Gogh, e le sue storie di cronista erano immancabilmente avventure “creative”. Solo lui era capace di stratagemmi rocamboleschi pur di strappare l’intervista “impossibile”. Come quando riuscì a farsi aprire la porta del camerino di Sinatra – che aveva dato ordine di non rilasciare interviste per nessuna ragione al mondo – inventandosi che Bing Crosby aveva parlato male di lui… “Magicamente il camerino si aprì e Sinatra mi fece passare”, disse.
Quella di Franchini è stata una carriera lunga da inviato del glorioso pomeridiano del dopoguerra “Corriere Lombardo” (1945-1966), quando in redazione c’erano Gaetano Afeltra e Dino Buzzati, poi la “Domenica del Corriere” e altre direzioni di prestigiose testate; e negli ultimi decenni l’attività di critico musicale al “Corriere della Sera”, per il quale ha scritto – conoscendoli personalmente – di tutti i suoi tanti amici jazzisti, da Miles Davis a Ornette Coleman.
Agli esordi si è anche occupato di musica classica, ma ciò che non ha mai smesso di occupare i suoi interessi è stata l’Africa, che ha percorso in lungo e in largo ancora sei anni fa festeggiando gli ottant’anni in Namibia, con escursioni massacranti che però – anche quella volta – gli restituirono la vitale energia che non l’ha abbandonato neppure quest’estate quando, pur avendo perso l’uso delle gambe, non rinunciò a presenziare a Umbria Jazz.
Autore di numerosi libri di carattere musicale e di etnologia africana, ha anche vissuto in Louisiana, la patria del jazz, ricevendo la cittadinanza onoraria di New Orleans.
Alessandro Traverso
Oct72014
Morto Vittorio Franchini
Se n'è andato il grande scrittore giornalista appassionato di jazz e Africa