Al Lirico di Cagliari l’opera è diventata “social” con una Turandot che, oltre a tagliare teste, inforca i Google Glass e si presta a un interessante esperimento di rappresentazione collettiva e interattiva. Il Sovrintendente del Lirico, Mauro Meli, che da quando è tornato alla guida del Teatro ha puntato tutto sull’innovazione, gongola sbandierando le cifre con evidente emozione: “Abbiamo 300 mila persone collegate in rete, la sala ne tiene milledue…”. Poi, ovvio, i click non sono biglietti e un tweet non varrà mai il Nessun dorma ascoltato dal vivo come dio comanda. Eppure c’è un perché, se proprio la grande incompiuta del maestro Giacomo Puccini è stata scelta per tentare l’evento. “Con Turandot – spiega Meli – l’opera lirica entra nel futuro, melodicamente e armonicamente parlando. E’ l’ultima opera italiana, così come il mondo la immagina: ci pareva adatta”. Una prima mondiale. Giustamente salutata da una copertura mediatica internazionale. Certo, a giudicare dalle prime impressioni, l’idea è buona ma c’è ancora parecchio da limare. Intanto bisogna fare i conti con i limiti tecnici imposti da Mountain View. Al momento, ad esempio, niente streaming. Ecco allora che l’unità di ricerca e sviluppo tecnologico del Lirico di Cagliari, guidata da Nicola Fioravanti, ha aggirato l’ostacolo creando una “staffetta” tra chi sul palco indossa gli occhiali multimediali (tre in tutto) e i tecnici. Così il download è avvenuto quasi in tempo reale; e grazie all’app “semestene” – realizzata in partnership tra il MediaLab del Lirico e la Tsc Lab – le foto e i video prodotti da orchestrali e attori potevano essere automaticamente “sparati” sui social network del teatro. Un dialogo potenzialmente esplosivo capace di abbattere molti steccati. E forse avvicinare un pubblico nuovo all’opera.
Aug12014
Turandot “social” a Cagliari
Stimate 300mila persone collegate in rete rispetto alla "briciola" delle 1200 presenti in sala