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Mondo Classico
Thielemann perde l’Anello
Christian Thielemann non dirigerà l'atteso “Ring” wagneriano a Milano. La notizia a bruciapelo arriva direttamente dalla Scala. Il direttore tedesco in ottobre dovrà sottoporsi a un intervento chirurgico al tendine, cui seguiranno cinque settimane di riabilitazione. L'operazione lo costringerà pertanto a rinunciare a tutti i prossimi impegni, tra cui L'Oro del Reno in programma alla Scala dal 28 ottobre al 10 novembre, prima tappa dell'intero Anello con la regia di David McVicar. Poiché non sarà in grado di dirigere il prologo della Tetralogia, che si caratterizza come un'impresa artistica unitaria, il Thielemann ha annunciato la sua intenzione di ritirarsi dall'intero progetto. La Scala ha già trovato il nome del sostituto. Anzi, dei sostituti. Tre recite dell'Oro del Reno saranno dirette da Simone Young (28 e 31 ottobre, 3 novembre), che ha appena diretto l'intero ciclo al Festival di Bayreuth e che ha recentemente debuttato alla Scala col Peter Grimes di Britten, e altre tre da Alexander Soddy (5, 7 e 10 novembre), con cui la Scala ha già programmato una nuova produzione di Così fan tutte nel novembre 2025. La direzione artistica della Scala, fanno sapere dal teatro, è impegnata nella definizione dei direttori per gli altri titoli del ciclo. "È con grande dispiacere", ha scritto il maestro Thielemann, "che rinuncio a questo progetto che avevamo costruito passo dopo passo insieme a Dominique Meyer, con cui condivido una lunga amicizia, a David McVicar e allo staff della Scala. La mia salute purtroppo mi impedisce di essere alla Scala per il Rheingold e la continuità dell'approccio artistico durante il Ring des Nibelungen è così importante che bisogna esserci fin dall'inizio”.Puccini 24: un convegno tra Lucca e Venezia
LUCCA - Un convegno internazionale per ricordare i cento anni dalla morte del maestro Giacomo Puccini (Lucca, 1858 – Bruxelles, 1924) con la partecipazione di oltre trenta studiosi, a Lucca e Torre del Lago, la città dove è nato e ha iniziato il suo percorso musicale e il luogo dove stabilì la sua residenza di elezione. È "Puccini 24 – Vi ravviso, o luoghi ameni" l’iniziativa culturale presentata questa mattina e organizzata dal Centro studi Giacomo Puccini e dalla Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini. Le relazioni previste sono state selezionate tramite un call for papers lanciato molti mesi fa e chiuso lo scorso 8 gennaio. Le proposte pervenute sono state valutate da un comitato scientifico guidato da Michele Girardi, socio fondatore e coordinatore del comitato scientifico del Centro studi Giacomo Puccini, e formato da Alessandra Campana, Richard Erkens, Federico Fornoni, Arthur Groos, Riccardo Pecci, Manuel Rossi. Gli interventi approfondiscono tutti gli aspetti dell’opera del maestro: le fonti letterarie e le forme musicali, i problemi delle edizioni critiche, la drammaturgia musicale e la messa in scena; ma anche il patrimonio documentario, con i carteggi e tutte le fonti d'archivio che restituiscono nuove informazioni sulla biografia e i processi creativi di Giacomo Puccini. Quella che si terrà da lunedì 8 a giovedì 11 luglio tra Lucca e Torre del Lago è la prima sessione di Puccini 24. La seconda è in programma a Venezia dal 2 al 4 ottobre e concentrerà il proprio sguardo storico sulle influenze che le opere pucciniane hanno esercitato su musiche e drammaturgie del XX e XXI secolo, sugli echi in lavori coevi e recenti e sulle trasposizioni del teatro pucciniano in altri media. I due appuntamenti sono stati preceduti da un ricco prologo in due tappe convegnistiche di rilievo internazionale, a Siena (Giacomo Puccini nella storia della lingua italiana, 19-20 marzo 2024) e a Lione (Giacomo Puccini, 1924-2024: Puccini et la France, 20-22 marzo 2024), organizzate del Centro studi in collaborazione con le istituzioni accademiche cittadine e l’Istituto italiano di cultura di Lione. Così il coordinatore del comitato scientifico, Michele Girardi: "I convegni schiudono nuove prospettive su un autore: dal confronto fra specialisti, e dagli esiti delle loro ricerche emerge un patrimonio di idee che si riverbera sulle iniziative istituzionali, artistiche e culturali. Il Centro studi Giacomo Puccini ha lavorato in questa direzione sin dalla fondazione (1996): meno retorica e approfondimenti seri per onorare un grande compositore, il resto viene a traino e tanti hanno riscoperto Puccini, non solo popolare, ma un musicista colto, moderno e cosmopolita. Dopo il centocinquantesimo anniversario della nascita (2008) al Centro studi di Lucca tocca celebrare il centenario della morte: la stretta collaborazione con la Fondazione Simonetta Puccini di Torre del Lago, custode dei mille segreti del Maestro, è una delle novità di rilievo che spiana un nuovo futuro di scoperte". Così Giovanni Godi, presidente della Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini: "La Fondazione Simonetta Puccini è lieta di partecipare attivamente al Convegno Puccini24 che sarà ospitato il 10 e l’11 luglio a Torre del Lago e che rappresenta una preziosa occasione per lo studio e la riscoperta di Giacomo Puccini e della sua produzione artistica, anche attraverso lo studio dei documenti dell’Archivio Puccini che Simonetta ha raccolto e conservato. Siamo quindi onorati di mettere a disposizione di questo folto gruppo di studiosi le carte personali del Maestro". Gli studiosi selezionati provengono da Stati Uniti, Svizzera, Germania, Gran Bretagna, Polonia e Italia. Il convegno si è aperto alle 14,30 di lunedì (8 luglio) con i saluti istituzionali, nella sala intitolata a Vincenzo Da Massa Carrara del complesso di San Micheletto a Lucca, gentilmente concessa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. I lavori sono entrati nel vivo con un focus su Il dramma della storiografia, presieduto da Gabriella Biagi Ravenni, presidente del Centro studi Giacomo Puccini. Primo relatore è Arthur Groos (Cornell University, New York), socio fondatore del Centro studi Giacomo Puccini, con l’intervento Versions of Madama Butterfly: Pinkerton, comedy, fin-de-siècle racial discourse, e ne hanno discusso Federico Fornoni, già vincitore del Premio Rotary Puccini Ricerca (Università degli studi di Bergamo) e Michele Girardi (Università degli studi di Venezia, Ca’ Foscari). E' seguita la relazione di Matteo Giuggioli (Università degli studi di Roma Tre), vincitore del Premio Rotary Puccini Ricerca 2021, su L’anatomia della violenza nel secondo atto di Tosca e quella di Arnold Jacobshagen (Hochschule für Musik und Tanz Köln) che esplora un tema tornato attuale come Karl Gustav Fellerer and Puccini research in Nazi Germany. La seconda giornata lucchese è iniziata martedì 9 luglio alle 10 con Puccini globale, focus sulla traduzione e la trasposizione presieduto da Virgilio Bernardoni, vicepresidente del Centro studi Giacomo Puccini e presidente dell’Edizione nazionale delle opere di Giacomo Puccini (Università degli studi di Bergamo). Il primo intervento di Joshua Neumann (Akademie der Wissenschaften und der Literatur, Mainz) s'intitola Calaf? Kalaf? - Performing & recording Turandot in translation. A seguire ha preso la parola Agnieszka M. Andrejczyk (Fryderyk Chopin University of music, Varsavia) con una relazione dal titolo Translating an operatic libretto e, infine, Siel Agugliaro (Università degli studi di Pisa) con Il catalogo di Dieter Schickling migra in rete. Tra drammaturgia e vocalità è il titolo pensato per raccogliere gli interventi del secondo e ultimo pomeriggio a Lucca presieduto da Emanuele Senici, membro del consiglio direttivo e del comitato scientifico del CSGP (Università degli studi di Roma “La Sapienza”). Alle 15 Arman Schwartz (University of Notre-Dame, Indiana) presenterà Sharpless, Giuseppe De Luca, and the ‘useless baritone’, seguito da Marco Beghelli (Università degli studi di Bologna) con L’appoggiatura e altri elementi prosodici dal belcanto al verismo: l’esempio di Puccini. Chiude la giornata il lavoro di Jane Sylvester (University of Missouri - Kansas City, Missouri) dal titolo From innocence to experience: contrasts of Puccini’s performative temporalities. La terza giornata si è spostata all'auditorium Simonetta Puccini di Torre del Lago, nell'edificio adiacente la Villa museo dove visse il maestro e sede della Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini. Alle 10 di mercoledì 10 luglio i relatori si confrontano sulla Politica della scena, momento presieduto da Alessandra Campana, membro del comitato scientifico del Centro studi Giacomo Puccini (Tufts University, Massachusetts). In apertura l'intervento di Giuseppe Montemagno (Conservatorio Vincenzo Bellini, Catania) dal titolo Open the border: Turandot secondo Robert Wilson e Ai Weiwei, seguito da quello di Anne Monique Pace (University of Chicago, Illinois), Interrogating the politics of commedia dell’arte in Puccini’s Turandot. I lavori del mattino si concluderanno con Harry Rose (Brown University, Rhode Island) che presenterà la relazione "Dammi un segno di grazia!": Giovacchino Forzano’s dramaturgy of presence and Puccini’s Suor Angelica. Nel pomeriggio, dalle 15, sarà la volta del focus su Dispositivi e apparati, presieduto da Federico Fornoni (Università degli studi di Bergamo). Il primo intervento in programma è quello di Davide Ceriani (Rowan University, New Jersey) e di Giorgio Farabegoli (Istituto tecnico tecnologico Marie Curie, Savignano sul Rubicone) su Origini, motivi e conseguenze della preferenza di Puccini per gli strumenti musicali meccanici. La parola passerà dunque a Luca Giovanni Logi (Teatro del Maggio musicale fiorentino) con Alcuni criteri empirici per l’analisi armonica e stilistica in Puccini e, infine, ad Andrew Davis (University of Houston, Texas) per la relazione Reconsidering Suor Angelica. L’ultima giornata, giovedì 11, inizierà alle 9,30 con i quattro interventi previsti per i lavori presieduti da Michele Girardi, riuniti sotto il titolo Il tabarro e altre storie. Inizierà Francesco Fontanelli (Humboldt-Universität, Berlino) con Il tabarro disvelato: le fonti del libretto e la conquista di una nuova drammaturgia; proseguirà Francesco Cesari (Università degli studi di Venezia Ca’ Foscari) con l’intervento Su due fascicoli di abbozzi autografi relativi al Tabarro sino ad oggi ignoti; Emanuele d’Angelo (Accademia delle Belle Arti, Bari) proporrà Da La houppelande al Tabarro e, infine, Andrea Palandri (Université de Genève) chiuderà i lavori mattutini con Il libretto nello studio del processo creativo: i due casi ‘torrelaghesi’ di Madama Butterfly e della Fanciulla del West. Il convegno si concluderà nel pomeriggio con la sessione Nuove prospettive sugli archivi, presieduta da Diana Toccafondi della Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini. Interverrà in apertura Claudia Borgia (Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana) con Uno, nessuno, centomila. Note per una storia degli archivi pucciniani. Seguiranno la relazione di Manuel Rossi (Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini) su Archivio o museo? Le carte Puccini di Torre del Lago e quella Eugenia Di Rocco (Università degli studi di Pisa) incentrata su Puccini fotografo. Impressioni dalle carte. Il convegno andrà avanti con una discussione generale prima delle conclusioni del comitato scientifico. (Dal comunicato stampa diramato dal Centro studi pucciniano) -
Recensioni Opere Concerti e Balletti
Orontea veste Prada
All’inizio del Primo Atto Orontea dichiara che “Superbo Amore… Regnar non speri” nel suo cuore. Ma già nell’aria successiva, dopo aver incontrato il giovane e bellissimo pittore Alidoro, ci ripensa: “Qual insolito foco mi tormenta e diletta a poco a poco?”. Non si era mai vista, all’opera, una regina “sgelarsi” così in fretta. In questa trasformazione tanto rapida c’è il mondo dell’Orontea di padre Antonio Cesti, compositore di punta dell’opera seicentesca che trasformò un fortunato soggetto veneziano in un melodramma destinato a restare sulle scene teatrali - dopo il debutto a Innsbruck nel 1656 - per almeno venticinque anni. La “gioiosa frenesia erotica” (Lorenzo Bianconi) percorre dall’inizio alla fine libretto e partitura, all’insegna del continuo voltafaccia affettivo. E l’“affetto” è un virus che va e viene: colpisce a intermittenza, con effetti a cascata sui personaggi secondari. Lo spettacolo L’irresistibile commedia ha una velocità espressiva che trova nello spettacolo di Carsen la sua più giusta traduzione scenica. Alla Scala Orontea è l’inscalfibile ma vogliosa direttrice di una galleria d’arte con uffici affacciati sulla nuova Milano delle torri Unicredit e dei boschi verticali: immaginatela come Miranda Priestly del Diavolo veste Prada. E La trasposizione (ma chi si sognerebbe oggi di ambientarla in un Egitto nel libretto quasi inesistente?) funziona alla perfezione perché restituisce il clima sapido, pettegolo, cinico dell’originale. La scena di Gideon Davey, bianchissima e geometrica come comandano gli interior designers alla moda, è un meccanismo che, ruotando, ci va visitare i vari piani dell’impero-grattacielo di Miranda/Orontea: dal roof garden fino ai sotterranei dove la vecchia Aristea (spassosa e capace Marcela Rahal) seduce gli aitanti magazzinieri della maison. Lo spettacolo di Carsen è una delizia: racconta la storia e le sue futilità mettendo alla berlina i capricci della società, e dell’arte, contemporanea esattamente come accadeva in Cesti e Cicognini/Apolloni (librettisti). E se nell’instabilità amorosa conta anche la “ragion di stato” (Alidoro è un “plebeo” di cui la regina non dovrebbe invaghirsi), irresistibile è l’idea che qui sia uno spiantato artista di strada, un graffitaro (o un genio alla Basquiat?), che tenta di sedurre la regina del Art Market trasformandosi alla fine in un creativo dall’outfit modaiolo, che nei suoi quadri dipinge solo se stesso: svolta “immorale” forse non prevista, ma del tutto coerente con l’estetica libertina dell’opera, sancita da un trionfo dell’amore che è un cocktail party post vernissage tutto pose fotografiche e cover story, ovvero il festival dell’apparenza e dell’ipocrisia. Non è possibile riferire dei tanti particolari scenici e gestuali che rendono prezioso e centratissimo questo spettacolo: basti la scena del riconoscimento che sblocca la vicenda (Alidoro ha in realtà origini nobili) condotta dall’“interrogatorio” di Orontea e risolta con il cadenzato e rapido ingresso dei personaggi in scena, ciascuno sulla sua risposta, in una sorta di “dentro tutti” che sbalza alla perfezione la velocità della scrittura teatrale. La musica Il progetto, voluto dal sovrintendente uscente Dominique Meyer, di portare alla Scala l’opera delle origini - Cavalli, Vinci, ora Cesti - si scontra di nuovo con l’oggettiva inadeguatezza della sala del Piermarini: troppo grande per quei fragili organismi sonori. Ancora più meritevole è dunque il lavoro svolto da Giovanni Antonini con l’“orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici”. Più che il continuo, non così fantasioso, o la timbrica strumentale, che si staglia e arriva poco, colpisce il passo incalzante, e il respiro avvolgente, espressivamente partecipato, con cui inanella declamati, ariosi, canzonette e arie di danza vere e proprie. Quest’ultime, in Cesti, sono più numerose che in passato, e compaiono anche sulla bocca di personaggi nobili. C’è un nuovo “ceto medio” vocale, che - tra gli estremi del tragico e il comico - intona il registro lirico, languido, amoroso. Lo realizza molto bene la seconda coppia, Francesca Pia Vitale (Silandra) e Hugh Cutting (Corindo), mentre la prima, Stéphanie D’Oustrac (Orontea) e Carlo Vistoli (Alidoro), eccelle per personalità di voce e bravura scenica, sfoderando mezzi vocali di alto rango. Tutta la locandina è appropriata: il Gelone sempre “imbriaco” di Luca Tittoto, sagace ma non burlesco, il mercuriale Timbrino di Sara Blanch, la soave Giacinta en travesti di Maria Nazarova, il nobile Creonte di Mirco Palazzi. Andrea Estero Su "Classic Voice" o nella copia digitale c'è molto di più. Cercala tutti i mesi in edicola o su classicvoice.com/riviste.htmlMigra la RONDINE
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