20 cd Ica Classics ICAC 5136 prezzo 80
A cinque anni dalla scomparsa, avvenuta a Basilea il 2 novembre 2010, esce un meraviglioso cofanetto di 20 dischi dedicato a Rudolf Baršaj, che era nato nel Nord del Caucaso il 28 settembre 1924; meraviglioso in quanto rappresenta nella forma più autentica ed esaustiva l’eredità artistica di una figura tra le più interessanti e colme di personalità della musica sovietica. È un cofanetto curato con commovente dedizione dalla vedova Elena Raskova, che permette di riscoprire le molteplici facce dell’artista, la sua versatilità e persino certi suoi tratti umani, se è vero che accanto alle registrazioni, molte delle quali rimasterizzate con tutti i crismi della tecnica discografica moderna, comprende anche una serie di pregevoli documenti storici relativi alla sua parabola umana e interpretativa.
Baršaj è nato artisticamente al Conservatorio di Mosca come violinista dotato di straordinario talento. Già da studente passò alla viola per dar vita insieme con i compagni di corso più dotati a formazioni da camera che dovettero avere qualcosa di speciale, se è vero che Dmitrij Sostakovic fu il primo a rimanerne impressionato. Suonò in Trio nientemeno che con Kogan e Rostropovic. Fondò poi il mitico Quartetto Borodin, che lasciò soltanto dopo aver iniziato a dirigere con continuità: attività quest’ultima che lo portò a creare una delle formazioni sinfoniche da camera più illustri, la Moscow Chamber Orchestra, di cui è stato a lungo mentore, ispiratore, guida carismatica. Emigrato in Occidente negli anni 70, ha proseguito la sua attività direttoriale assumendo incarichi stabili soprattutto in Inghilterra e Giappone. Ma questo non gli ha impedito di mantenere l’attività cameristica, che lo ha visto impegnato con musicisti come Richter, Ojstrach, Menhuin e altri strumentisti di tal calibro. Nota infine è anche la sua attività di trascrittore, avendo lui, sempre con il benestare dei compositori, trasformato numerosi titoli del repertorio cameristico in materia eseguibile da un’orchestra da camera. E nota è anche la sua versione ricostruita della Sinfonia n. 10 di Mahler, interessantissima.
Insomma, Baršaj è stato un musicista a tutto tondo. Un puro, animato da una passione instancabile e da un perfezionismo che lo ha sempre naturalmente portato a lavorare come oggi non usa più, a mettere cioè in calendario giornate e giornate, quando non settimane, di prove prima di ogni concerto; a vivere la vita dell’orchestra dal di dentro, come collega di ognuno dei suoi colleghi musicisti, come autentico trascinatore capace di contagiare anche il più pigro musicista “di fila” onde desse il meglio.
Lo ha sostenuto una tecnica formidabile, da vecchia scuola sovietica. E la sua musica, per quanto animata da una espressività calda, “romantica” nel senso buono (ovvero umanistico) del termine, colpisce per il nitore delle forme, delle proporzioni, degli equilibri. È stato, in tal senso, un interprete strutturalista, anche se su tale aspetto non ha mai posto l’accento con la prosopopea di certi “architetti” suoi colleghi.
Bene, di tutto ciò, come si diceva, questo cofanetto reca una testimonianza preziosissima. Variamente impaginate, si trovano diverse incisioni cameristiche del violista e molte pagine di Bach-Vivaldi-Haydn-Mozart-Beethoven eseguite con la Moscow Chamber. Ecco poi la sezione dedicata ai compositori sovietici, non solo Prokofiev e Sostakovic (con cui rimase sempre in contatto e che gli dedicò la Sinfonia n.14) ma anche Lokšin, Bunin, Krijukov; ed ecco i capisaldi del Novecento storico come Hindemith, Martinu, Bartók, Britten, Tippett, Stravinskij. Né mancano, ovviamente, le trascrizioni, a partire dalla celebre versione per orchestra da camera del Quartetto n.8 di Sostakovic. E che bella, infine, la sua Decima di Mahler.
Enrico Girardi