Pianoforti Vincenzo Maltempo, Emanuele Delucchi cd Toccata Classics TOCC 0237 prezzo € 17,30
I contenuti di questo terzo atteso disco alkaniano di Vincenzo Maltempo si intrecciano con il fenomeno del revival del piano à clavier de pedale, lo strumento di cui ci siamo occupati poco tempo fa a proposito delle interessanti incisioni di Roberto Prosseda dedicate alle musiche scritte da Gounod. Anche il nostro Alkan ebbe a disposizione a partire dagli anni 50 un Erard siffatto per potersi esercitare innanzitutto nello studio delle grandi composizioni organistiche di Bach. L’influenza dello strano e ingombrante piano a pedaliera si fece però sentire ben presto anche sull’Alkan compositore, anzi contribuì a popolare in maniera sostanziosa l’ultima parte della sua produzione. Come si può immaginare, si tratta di lavori non solo di un musicista a lungo trascurato ma destinati a una ulteriore esclusione dal repertorio proprio per la scarsa diffusione del mezzo (ovvero la limitata produzione di quel tipo di strumenti da parte di Erard e poi di Pleyel). Né fino ad oggi aveva contribuito a modificare la situazione il lavoro di trascrizione effettuato da José Vianna da Motta (1868-1948), importante pianista e compositore portoghese che fu allievo di Liszt e amico e collaboratore di Busoni. Da Motta operò tra il 1901 e il 1907 su tre composizioni di Alkan (due per piano a pedali e una per organo) trascrivendole per pianoforte solo (8 delle 13 Prières op. 64, originariamente per organo), per due pianoforti (il Benedictus) e per pianoforte a quattro mani (9 degli 11 Préludes op. 66). L’elaborazione di Da Motta raggiunge nel nostro caso la stessa funzione di ampliamento della spazialità sonora che si coglie nell’analogo lavoro compiuto da Debussy sugli Studi in forma di Canone di Schumann, anch’essi concepiti per il pianoforte a pedaliera, e rende particolarmente piacevole l’ascolto di queste pagine così inconsuete. Maltempo e Delucchi hanno quindi operato su queste trascrizioni, aprendo la strada a ulteriori approfondimenti che potrebbero essere effettuati a partire dagli spartiti originali, che per le op. 54 e 66 prescrivono, in alternativa al piano a pedali, l’uso dell’organo, o ancora del “pianoforte a 3 mani” (ovviamente per due esecutori). All’interesse davvero straordinario per queste pagine esoteriche di un Alkan che combina la propria grande matrice virtuosistica con un filone mistico paragonabile a quello dell’ultimo Liszt si aggiunge quello per la affascinante ricerca sonora da parte dei due pianisti, entrambi di sicura e collaudatissima fede alkaniana. Con Maltempo e Delucchi si colma oggi un vuoto discografico e allo stesso tempo ci si incammina verso il compimento di una rivalutazione globale di un grande musicista a lungo e a torto dimenticato.
Luca Chierici