direttore Riccardo Chailly
orchestra Gewandhausorchester
2cd Decca 478 2191
Per la loro inesauribile elaborazione tematica e contrappuntistica, i brandeburghesi tendono oggi ad essere vissuti come un superamento del modello concertistico italiano codificato da Corelli e Vivaldi, nel quale un solista o più strumenti solisti (il concertino, nel concerto grosso) dialogano col resto dell’orchestra: e ad essere considerati piuttosto variante – amplificata e arricchita – di musica da camera nella quale la figura del direttore trova un ruolo di coordinatore se inserito nel tessuto strumentale. Nelle ultime registrazioni, i direttori, alla testa di loro piccoli complessi barocchi, chi alla tastiera, chi al violino, dialogavano da pari a pari con gli altri strumenti in una quanto mai stimolante gara, più simulata che vera, alla ricerca di pretesti emotivi spesso inediti (difficile raggiungere l’esito di Alessandrini col suo Concerto Italiano). Qui Chailly ci riporta, pur con una classe interpretativa di grande eleganza, al modello perpetuatosi fino agli anni Ottanta. Oltre agli autentici prodigi ritmici, il maestro milanese si distingue comunque per la palpabile ricerca di un linguaggio nuovo e di una maggiore evidenza da assegnare ai solisti.
Giancarlo Cerisola