Pianoforte Ramin Bahrami
cd Decca 476 3833
Bahrami è specialista bachiano per sua stessa ammissione ma la sua specializzazione non comporta nulla di accademico o di eccessivamente filologico, prevalendo a mio parere sui criteri interpretativi “moderni” una del tutto personale passione per questa grandissima musica. Altrettanto comprensibile è la venerazione di Bahrami per due personaggi come Gould e la Tureck, che hanno davvero aperto, in anni ormai lontani, vie nuove all’interpretazione bachiana sul moderno pianoforte. Ma la formazione del pianista di origine iraniana non è stata di ostacolo al liberarsi di una individualità che si coglie benissimo anche in questa recente incisione delle Suites francesi, nelle quali l’omaggio alla filologia si estrinseca ad esempio in certi trasporti all’ottava alta, o nell’inserimento del Preludio in mi maggiore dal Clavicembalo ben temperato nella sesta Suite (seguendo la cosiddetta “edizione Gerber”). Una individualità prorompente, nemica di ogni formalismo, che potrebbe portare ad ulteriori, insapettati sviluppi. Potrebbe Bahrami tentare la carta di una sorta di “improvvisazione nello stile di Bach” come ha fatto in questi ultimi anni Robert Levin nel caso di Mozart e Beethoven? Che sia questa la strada per l’instaurarsi di un nuovo rapporto tra l’interprete e i testi classici?
Luca Chierici