pianoforte Beatrice Rana
cd Warner 90295 88018
prezzo 17,70
Una volta l’incisione delle Variazioni Goldberg rappresentava un punto d’arrivo, o meglio il punto d’arrivo del pianista/clavicembalista che avesse trascorso una parte considerevole della propria parabola d’interprete in compagnia dell’arte somma di Johann Sebastian Bach. Oggi non è più così. Basti pensare che nell’ultimo triennio sono state pubblicate quasi una decina di incisioni di questo vertice di scienza e invenzione musicali per opera di interpreti giovani. Ciò però non significa che questi ultimi siano necessariamente degli incoscienti o, peggio, dei superficiali. Si tratta infatti mediamente di incisioni di buona se non ottima qualità. La differenza consiste semmai nell’approccio a tale montagna: un approccio molto diretto, squisitamente “pianistico”, non più filtrato da quella lunga e spesso sofferta riflessione sulla sua storia esecutiva che, a ben vedere, potrebbe anche paralizzare e ha in ogni caso molto condizionato le precedenti generazioni di tastieristi. Sicché modelli esecutivi come quelli dell’immortale Glenn Gould o della non meno immortale Rosalyn Tureck sembrano rappresentare ormai un capitolo circoscritto e definitivamente concluso di quella stessa storia; il che non significa ovviamente che non sia più che noto anche al pianista giovanissimo.
L’ultima a cimentarsi nell’impegnativa scalata è ora Beatrice Rana, pianista che non ha più bisogno di presentazioni tanto limpida e prepotente è stata la sua ascesa in queste ultime stagioni. E che non delude nemmeno al cospetto di una materia tanto delicata, perché conserva nell’esecuzione quello slancio cordiale e affermativo, quel superlativo dominio tecnico e quella freschezza disincantata che hanno fatto innamorare di lei non pochi ascoltatori. Beatrice Rana non entra nel tempio bachiano in punta di piedi ma nemmeno come si trattasse di una semplice passeggiata. Il suo è un pianismo luminoso e solido. E ciò si ravvisa eccome nella scelta generosa ma non ridondante, e comunque coerente, della logica che governa la realizzazione degli abbellimenti; si ravvisa inoltre nella chiarezza con cui restituisce i profili contrappuntistici, nella definizione persino olimpica di linee e spessori, nel pudore con cui rallenta il passo ove necessario, senza scadere in alcun tipo di sentimentalismo zuccheroso. Si potrebbe dire che il suo è un suono “sereno”. La lentezza con cui espone l’arietta non è sinonimo di una retorica intellettualistica; analogamente, la vivacità dei tempi non è “muscolare”. L’insieme sembra il prodotto di uno sguardo che per prima cosa è ammirato di fronte a tanta maestosità, di quell’ammirazione che precede le domande, i dubbi, le esitazioni, le nevrosi. Se proprio si vuol trovare un piccolo neo, lo si rintraccia nella chiusa di alcune variazioni, un po’ frettolosa, come se il pensiero fosse già focalizzato sull’incipit della variazione successiva.
Bel disco, dunque. E c’è da augurare a Beatrice Rana che quando sarà un po’ meno giovane e ritornerà alle Goldberg, continui a farlo con questo sguardo così limpido e sereno. Blu come il cielo che domina la vetta di questo Everest dell’arte musicale.
Enrico Girardi
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