direttore Iván Fischer
orchestra del Festival di Budapest
sacd Channel Classics
Allievo di Swarowski e a lungo assistente di Harnoncourt, a Iván Fischer è sempre stato riconosciuto un elevatissimo livello professionale che raramente, però, andava al di là del grande direttore utilité. Immagine assolutamente da rettificare. Per riconoscergli la sua reale statura artistica, se ancora ce ne fosse bisogno, nulla di meglio di due pagine beethoveniane oggetto di innumerevoli blasonatissimi confronti. Alla testa di una delle formazioni più stimolanti d’Europa, la Budapest Festival Orchestra da lui fondata nel 1983, il direttore ungherese ne dà un’interpretazione di sconcertante modernità sia per la sapiente e fantasiosa concertazione, essenzialmente basata su una concezione quanto mai originale del contrappunto e delle dinamiche, sia per la tensione che serpeggia inesauribile in una narrazione fatta di ritmi serrati, tempi mutevolissimi, struggenti rubati. Assai più popolare e quindi oggetto d’un numero sterminato d’incisioni, la “Pastorale” di Fischer si colloca comunque molto in alto in un’ideale graduatoria, e ancora più in alto nel novero di quelle ispirate a un trattamento moderno del suono; ma la lettura che sorprende di più è quella della Quarta, alla quale viene restituita la complessità strutturale e con essa il rango troppo a lungo negatole. Discriminazione condivisa con l’Ottava: entrambe etichettate come minori e di transizione. Diverse, semmai, ma come possono essere minori due sinfonie incuneate fra capolavori quali l’ “Eroica” e la Quinta e la Settima e la Nona? Purtroppo non ci sono notizie di un’integrale in fieri.