[tenore] Juan Diego Florez
[direttore] Daniel Oren
[orchestra] de la Comunitat Valenciana
[cd] Decca 00171
Si portano ancora più vasi in una Samo ormai intasata, a parlare della sbalorditiva padronanza tecnica di Florez. Il quale sembra adesso impegnato ad attraversare il guado che dalla sponda rossiniana dove regna incontrastato (il duetto del Viaggio a Reims, con una strepitosa Daniela Barcellona, è la gemma del recital) dovrebbe traghettarlo verso Bellini e Donizetti. Guado difficile, e tutt’altro che compiuto. Non tanto per eventuali confronti vincenti in termini puramente vocali (di fatto non ce ne sono, né per qualità timbrica né per facilità della linea), quanto per intrinseca limitazione espressiva.
Ma non si può pensare di risolvere arie come “T’amo qual s’ama un angelo” dalla Borgia o “Ange si pur” dalla Favorite solo con le note, per raggianti che siano. Ci vorrebbe un legato capace di farsi strazio melanconico (e anche meno portamenti, detto per inciso); e ci vorrebbe altresì quella varietà di colori invece inesistente, a dar senso espressivo sempre diverso alla peraltro splendida varietà dinamica: che però da sola, in bianco e nero com’è, finisce col bordeggiare il cincischiamento. Così come la stilizzazione araldica che Kraus imprimeva al “Vieni fra queste braccia” dei Puritani (dove invece la Netrebko è ammirevolissima) era tutt’altra cosa dalla perfetta ma algida compitazione vocale di Florez: e certo non aiuta la pesante, rozza, casereccia orchestra di Oren, ovvero il massimo del minimo.
Elvio Giudici