direttore Andrew Manze
orchestra Helsingborg Symfoniorkester
3 sacd cpo 777 720-2
Per Andrew Manze l’approfondimento dei criteri interpretativi storico-filologici era cominciato quando si dedicava come violinista alla musica barocca; ma i suoi interessi spaziano fino al secolo XX, da anni ormai è un direttore affermato, e non è peraltro il solo interprete “barocco” che ha cercato di rileggere tutto il repertorio con criteri storicamente fondati: con l’Orchestra di Helsingborg, che guida dal 2006, propone ora le sinfonie di Brahms in interpretazioni affascinanti. Colpiscono subito chiarezza e trasparenza maggiori del consueto, e una attenta flessibilità nei tempi all’interno del pezzo. Sappiamo che l’Orchestra di Meiningen, che Bülow aveva messo a disposizione di Brahms, aveva una cinquantina di componenti (ma le sinfonie furono eseguite anche da orchestre dall’organico più ampio), e alcune testimonianze fanno pensare che gli fosse cara la flessibilità; ma ciò che conta è il modo in cui la consapevolezza storica vive in queste interpretazioni, è la persuasiva naturalezza con cui respira e suona il Brahms diretto da Manze, in una prospettiva che potremmo definire tragica e riflessiva, se fosse possibile tentare definizioni univoche di fronte alla ricchezza di chiaroscuri evocata dai colori dell’orchestra, e alla profonda inquietudine espressiva che conosce momenti oscuri anche nella Seconda, ritenuta non senza ragione la più serena tra le quattro. La raffinatezza “cameristica” della scrittura della Terza e della Quarta è esaltata con particolare chiarezza e con una intensità espressiva che rivela la tormentata complessità del mondo di Brahms: basterebbe il Finale della Quarta a dare un’idea dell’interesse di queste interpretazioni. Di livello non inferiore quelle dei pezzi che completano i tre Cd, le Variazioni su un tema di Haydn, l’Ouverture tragica e l’Ouverture accademica. P.P.
paolo petazzi