direttore Andris Nelsons orchestra Gewandhausorchester Leipzig cd Dg 479 7208 prezzo 18,60
Un intreccio di circostanze singolari accompagna la scelta di questa Sinfonia, primo passo di un’integrale bruckneriana con l’Orchestra del Gewandhaus che il direttore si appresta ad affrontare: la dedica a Wagner di questa Terza Sinfonia nata sotto la suggestione di Tannhäuser, la prima opera che Andris Nelsons ricorda di aver ascoltato a Riga, dove Wagner aveva svolto per alcuni anni l’attività direttoriale, e dove è avvenuta la sua formazione. Semplici suggestioni che tuttavia accompagnano la devozione del quarantenne direttore, oggi uno degli interpreti più in vista, per Bruckner, per il compositore che proprio nella Terza sembra rivelare a pieno la sua personalità, tesa verso una spiritualità conquistata attraverso dubbi e vicende tormentose, attestate dalla sequenza dei ripensamenti e quindi dai rifacimenti; dei tre piuttosto sostanziosi che hanno accompagnato la Terza Nelson sceglie l’ultima versione, quella rivista da Nowak, sensibilmente decantata rispetto alla prima versione del 1873 – scelta invece da Nézet-Séguin nella registrazione con la Staatskapelle Dresden – dove la traccia wagneriana è più evidente. La lunga tradizione bruckneriana della storica compagine lipsiense se offre a Nelson una rassicurazione indubbia non rappresenta un vincolo alla sua lettura improntata ad una discorsività più duttile rispetto all’immagine consolidata di un Bruckner monumentale, creatore di cattedrali sonore. È il respiro che subito si coglie dal Misterioso iniziale e che si dirama progressivamente entro la trama attraverso sottigliezze timbriche e soprattutto attraverso un senso avvolgente del “legato” sapientemente accordato alla dimensione di spazialità che illumina il discorso, con esiti di intenso coinvolgimento emotivo nel grande Adagio che della Sinfonia è il cuore pulsante. Molto avvincente lo stacco dello Scherzo, con quel Trio irrorato di linfe schubertiane. Coerente completamento di questa esecuzione, realizzata dal vivo nel giugno del 2016, l’ouverture dal Tannhäuser, anch’essa sottratta ad una troppo ostentata solennità, quasi a voler sottolineare il filo conduttore di una discendenza bruckneriana.
Gian Paolo Minardi
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