interpreti C. Santon, P. Do, A. Heyboer, K. Velleraz, J. Borghi, M. Ruvio direttore Didier Talpain orchestra Solamente Naturali & Musica Florea coro Nazionale Bulgaro 2 cd Palazzetto Bru Zane prezzo € 36.60
Il motto del più volte lodato Centre de musique romantique française, che pubblica i suoi prodotti coll’etichetta Palazzetto Bru Zane, potrebbe essere “alla ricerca del tesoro perduto”. Bella l’iniziativa ma impervio il compito, già che di pepite d’oro non è capiente la miniera nelle cui viscere scava l’associazione, vòlta al recupero della musica francese ignorata a cavallo dei secoli diciottesimo e diciannovesimo. E se qua e là s’è registrato il ritrovamento di qualche reperto aureo (nel dettaglio, per quel che mi riguarda, la bella Toison d’or del più che ignoto Johann Christoph Vogel, qui a suo tempo recensita), il grosso del repertorio su cui sta allungando le mani la benemerita non sembra fin qui promettere altro che documentaria curiosità. È il caso anche di questa ultima offerta, Les Bajadères di Catel: gravitante nell’area postrivoluzionaria al pari di colleghi quali Grétry, Monsigny, Gossec e Méhul, Charles-Simon Catel fu insegnante di qualche rilievo e autore di un Traité d’Harmonie che ne definì il ruolo di erudito in quell’arduo passaggio dagli spiriti neoclassici al nuovo corso romantico. Ma non ebbe fama di autore di rango nel campo, da lui prediletto, del teatro musicale; queste Bajadéres, musicate su un libretto di Etienne de Jouy (quello del rossiniano Tell), ebbero vita all’Opéra nel 1810 e rivelarono un autore dotto nell’uso dello strumentale e dell’armonia e tutto sommato povero di autentico scatto inventivo, o colpo di teatro che voglia dirsi, ove si eccettui il sorprendente terzo atto. Per essere nata in quel torno d’anni, l’opera guarda piuttosto all’indietro che in avanti, ma non è ciò alla fine che ne decide i destini, specie osservando a qual “indietro” Catel guarda e cioè nientemeno che alla mozartiana Zauberfloete, di cui ripete con devozione taluni momenti di levità di tratto e altri di austerità ieratica. Opera dunque che potremmo definire di “fattura”, del tipo che il teatro di Francia sfornò in quell’arduo valico di passaggio fra neoclassicismo e apertura romantica; ma una vicenda teatrale non può vivere solo di sapienza compositiva. Inerte, noioso è il primo atto, in un diluirsi insipido di airs e declamati, appena bastevole il secondo con lievi risvegli di tensione, bello senza remore il terzo, ove Catel sfrutta con costanza la propria corda più virtuosa, quella di una canoviana estenuazione funebre. Ma basterà a inscrivere le sue Bajadères nell’albo della gloria?
L’esecuzione garantita al recupero dell’opera è nel complesso decorosa; occorre considerare che nessuno dei cantanti brilla per qualità speciali di volume, agilità ed estensione, ma è altresì vero che si tratta di musica che non abbisogna di nessuna delle tre cose ma solo di proprietà di stile e fraseggio, sì che ciascuno fa la sua figura senza inciampi. Ma almeno un nome va tuttavia estratto dal gruppo, quello del soprano Chantal Santon, protagonista quale Laméa e titolare di un vibrante colore lirico. Il direttore Didier Talpain conduce i complessi orchestrali Solamente Naturali & Musica Florea con qualche sbrigativo piglio ma con buona dedizione alla finezza di taluni inserti strumentali.
Aldo Nicastro