esecutori Quartetto di Venezia
3cd Decca 476 3604
La ricchezza di invenzioni, la fluidità narrativa, la tavolozza di sentimenti – dalla malizia all’ansia, dalla gioia all’abbattimento – meriterebbero una conoscenza più diffusa di queste sei musiche composte a intervalli di tempo piuttosto lunghi, fra il 1814 e il 1837, nella piena maturità dell’artista. E tempi ancora più lunghi ci vollero per portarli al pubblico: i primi tre furono pubblicati solo nel 1838, e gli altri, postumi, nel 1850. Dopo un’iniziale diffidenza per l’inusuale linguaggio piuttosto corposo e concreto, di matrice sinfonica e operistica, decisamente lontano da quello classico di Haydn, Mozart e Schubert – tanto che Schumann, scrivendone sulla Neue Zeitschrift für Musik in termini ammirati ma prudenti, parlò di una sorta di “lingua straniera” -, la loro accoglienza fu decisamente buona: in linea con l’alta considerazione di cui godeva la sua copiosa produzione musicale in tutti i paesi di lingua tedesca. Fu difatti la Biblioteca Nazionale di Berlino, ad acquistare la sua eredità, e non quella di Parigi: dove Cherubini aveva trovato la sua seconda patria e mietuto i più grandi successi. La lingua straniera di cui parla Schumann rivela potenzialità espressive ricche e originali, qui sottolineate dalle sonorità ora corpose ora aeree del Quartetto di Venezia (che due anni fa ha festeggiato le nozze d’argento), dal suo sapiente fraseggio, dal suo dosatissimo gusto contrappuntistico e dalla sua sensibilità nel valorizzare i non pochi temi che richiamano le più belle meditazioni beethoveniane.
Giancarlo Cerisola