pianoforte Nelson Freire
2 cd Decca 478 2182
Troppo abituato a considerare Freire solamente come partner elettivo della Argerich, il pubblico non si è forse mai soffermato sul valore di un interprete di grande classe che nel corso del tempo ha sempre più approfondito la propria visione dell’opera chopiniana. Al musicista polacco Freire si è infatti dedicato in maniera particolare nel corso dei propri non infrequenti recital e in un certo senso questi dischi rappresentano un compendio di anni di esperienze concertistiche. Se di un elemento caratteristico dell’arte di Freire dobbiamo parlare, questo lo si ritrova sicuramente in quell’arte del canto che pur non essendo una componente esaustiva nell’interpretazione dei Notturni, ne rappresenta elemento imprescindibile. Il suono di Freire (ma anche il fraseggio nobile con qualche leggera inflessione di danza come solamente i pianisti sudamericani sanno comunicare) conquista immediatamente l’ascoltatore fin dalle prime note del Notturno op. 9 n. 1, e il procedere nel ciclo rivela sempre nuovi e bellissimi raggiungimenti. Si noti ad esempio com Freire utilizzi un rubato di estrema mutevolezza nell’opera 9 n. 3, senza dare però una sensazione di approssimazione, di eccessiva libertà. Nell’op. 15 n. 1 il timbro sembra provenire da un altro strumento a seconda che si ascoltino le parti cantabili estreme o l’agitato intermezzo in minore, e in genere l’utilizzo estremamente raffinato del pedale una corda dà luogo anche più avanti a una voluta differenziazione delle parti in quei notturni nei quali è più evidente una forma tripartita. La stessa qualità di suono viene mantenuta anche nei lavori più tardi, e a questo riguardo citerò come esempi indimenticabili dell’arte di Freire il magico finale dell’op. 48 n. 2, il sussurrato inizio del Notturno op. 55 n. 1 e – lo si poteva prevedere – l’elegantissimo fluire dell’op. 55 n. 2.
Luca Chierici