pianoforte Stephen Hough
cd Hyperion CDA 67849
Si sa che i Valzer, insieme alle Mazurche, rappresentano per ogni interprete una zona tra le più ostiche per l’ambivalenza che avvolge l’apparente semplicità della forma; a partire dal primo accostarsi ad essa del giovane Chopin che, estraneo alla “viennesità”, confidava ai familiari con ineliminabile punta nostalgica: “Non so ballare come si deve nessun valzer, ne ho già abbastanza. Il mio pianoforte sentiva solo le mazurche…”. Una confessione attestata dai tanti affioramenti dal tessuto di alcuni suoi Valzer di questa danza così profondamente innervata nella propria vicenda esistenziale, anche questo un indizio non trascurabile per cogliere quella contrapposizione tra aristocratico e paesano che concorre alla suggestione dell’“enigma Chopin”. Da un lato il musicista che, secondo la testimonianza del 1834 di Antoni Orlowski: “fa girar la testa a tutte le dame e fa ingelosire i gentiluomini. È di moda e presto gli elegantoni porteranno i guanti à la Chopin”. E tuttavia su tale fondale profumato i Valzer si stagliano con quel distacco che sottintendeva una segreta inquietudine, una ritrosia che agiva come istintiva protezione dalle lusinghe di quella società mondana e aristocratica che pure in apparenza non rifiutava. Misura segreta che possiamo ritrovare in questa sottilmente affascinante proposta di Hough che col suo gioco impalpabile, levigato e sinuoso sembra davvero sintonizzarsi col pensiero di un suo importante conterraneo, Edward Sackville West che giudicava i Valzer di Chopin “music in which emotion is permitted to suggest itself through a veil of elaborate civility”.
di Gian Paolo Minardi