Donizetti – Linda di Chamounix

Donizetti - Linda di Chamounix

interpreti E. Gutierrez, S. Costello, A. Corbelli, L. Tézier, M. Pizzolato, B. Szabo
direttore Mark Elder
orchestra Covent Garden
3 cd Opera Rara ORC 43

Tutte le volte che mi capita di confrontarmi con questa che probabilmente è la sua opera più bislacca, mi vien fatto di pensare se per caso non l’abbia fatto apposta per prendere in giro la morale corrente, Donizetti, ad accettare una scema come Linda. Che va via dal paesello, s’installa nella casa elegante d’un bellimbusto senza per carità immaginarsi niente di male, si ritrae sbigottita quando lui le chiede un abbraccio, e costretta dal padre (che all’inizio neppure la riconosce: quando si dice la stregoneria della città!) a confrontarsi con una realtà forse forse foriera di cose peccaminose, sceglie la via solita della pazzia per salvare la capra della logica e i cavoli della decenza. Né manca il padre povero ma nobile d’animo (“perché siam nati poveri ci credon senza onor”)¸ il nobile che invece è povero d’animo, il bamboccione di paese che suona la gironda, un Prefetto che a parole sta coi deboli ma in pratica non fa niente, e beninteso la contrapposizione tra campagna buona e città tentacolare. Comunque. C’è il fatto incontrovertibile che la musica è tutt’altro che brutta, anzi particolarmente ben costruita sul fronte strumentale, essendo composta in vista d’un debutto importante come quello costituito da Vienna, per arrivare degnamente nella quale ogni compositore doveva spolverare il vestito buono se voleva esservi accolto quantomeno con degnazione. La sapienza di scrittura non basta, si capisce, a risolvere un pastrocchio drammaturgico di sesquipedale idiozia come quello squadernato dal second’atto (quattro duetti di fila in cui Linda si confronta col bamboccione canterino, col giovane libertino ma non troppo e non fino in fondo, col nobile malandrino, col babbo nobile ma ahimè tanto indisponente: e lei resta sempre uguale a se stessa, innocente e pura oppure scema, dipende dalle personali reazioni), però l’ascoltarla in disco anziché in teatro molto giova nel riuscire a considerarla quale variabile indipendente dalla vicenda.
Elder dirige con molta correttezza e pulizia di suono, accompagnando il canto con sufficiente energia e duttilità: niente voli, ma neppure cadute rovinose. Eglise Gutérrez si fece abbastanza apprezzare in una Sonnambula cagliaritana di qualche anno fa: Donizetti le sta un po’ più stretto, diverse note stridule, corpo appena appena sufficiente al centro, gravi sfocati ma soprattutto accento troppo generico per riuscire a smuovere questo cataplasma di personaggio. Tézier è noioso come tutti i custodi della morale benpensante. Corbelli schizza un ritratto tutto in punta di penna, maligno, cattivissimo col sorriso blasé, un capolavoro. Bravissima anche Marianna Pizzolato, che con la sua splendida voce e l’eccellente linea di canto riesce a far ascoltare persino queste idiozie del bamboccione Pierotto (quando si dice il nome…). Stephen Costello ha tutta l’inconsistenza di fraseggio che merita un personaggio come Carlo – senz’altro il più idiota della galleria tenorile donizettiana – ma poco del calore lirico che Donizetti gli regala con la romanza del second’atto che, avulsa dal contesto, è invece bellissima.

di elvio giudici


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306 Novembre 2024
Classic Voice