interpreti M. Fiset, C. Hunold, K. Aldrich, F. Antoun, T. Christoyannis direttore Hervé Niquet orchestra Brussels Philharmonic coro Flemish Radio 2 cd Palazzetto Bru Zane prezzo 37
Fuor che per la fama indiscussa de L’Apprenti sorcier e di quella assai meno indiscussa di Ariane et Barbe-Bleu e de La Péri è lecito ammettere che Paul Dukas, compositore emerito del primo Novecento francese, gode di scarsa notorietà presso di noi. E poiché, fatta salva la qualità non proprio irrisoria della sua musica, qualche ripassatina essa la meriterebbe, ben vengano questi due cd del Palazzetto Bru Zane, associazione saldamente alla ribalta ormai nella diffusione discografica degli autori meno frequentati del suol di Francia. La sua ingente produzione non è al riparo dal pericolo del “vorrei ma non posso”, è ovvio; e l’opera di recupero ha più spesso valenza cognitiva e dunque musicologica che propriamente restaurativa, eppure è doveroso ammetterne il buon apostolato nel paesaggio della composizione. Bisogna dire che l’integrale delle composizioni qui trascritte esula da qualsivoglia concetto di reperibilità: si tratta della totalità delle musiche che il compositore parigino scrisse per il Prix de Rome nell’arco di sei anni (1886- 1892) raggiungendo il traguardo del secondo premio solo con la cantata Velléda del 1888. La più parte degli inserti non salta il fossato della vera invenzione, pure si riconosce ovunque la mano di uno che veniva dal Conservatoire, marchio di fabbrica dell’intero Ottocento, e che aveva avuto a maestri due lari del calibro di Dubois e Guiraud: in altre parole di uno che in fatto di strumentazione era perfettamente in regola con il meglio della tradizione europea. È un ulteriore (e non sarà l’ultimo) caso di maestria del comporre che ha connotato l’intero della musica gallica svelandone insieme i limiti e la forza; e si torna a un vecchio asserto di T.W. Adorno secondo cui funzione primaria della musica di Francia fu quella di dedicarsi in prevalenza a ciò che è “ben fatto” piuttosto che ai suoi significati. La mano è lieve, giusta la deriva proposta dall’impressionismo, e i colori spesso avvincenti ma onestamente, oltre la sinuosità dell’atmosfera sonora, è arduo leggervi altro. A occhio e croce e pretendendo di farsi una eventuale ragione dell’errore, direi che rare sono le cose davvero fuori quota nei due dischi: un inebriante coro femminile con orchestra, il primo numero della rassegna, Les Sirènes, l’elegiaca L’Ondine et le Pêcheur sul delizioso testo di Théophile Gautier e, se si vuole, la citata Velléda, insignita dell’onorificenza di Villa Medici, cui giova, per strano caso, il più convenzionale decorso sinfonico rispetto a quello che sarà il vero atout della futura musica di Dukas. Gli esecutori mi sembrano corrispondere con discreta giustezza ai connotati delle musiche offerte: nessuna voce, eccezion fatta per quella del mezzosoprano Kate Aldrich (che si ascolta nella cantata Sémélé), si segnala per peculiari risorse interpretative ma in ciascuna di esse l’approccio è conveniente: vuoi quelle dei tenori Frédéric Antoun e Cyrille Dubois, vuoi quelle dei soprani Catherine Hunold e Marianne Fiset. E la Brussels Philharmonic e il Flemish Radio Choir, diretti con finezza da Hervé Niquet sorreggono con proprietà stilistica i solisti di canto.
Aldo Nicastro