direttore Daniel Barenboim orchestra Staatskapelle Berlin cd Decca 478 9353 prezzo 18,60
Sono anni ormai che Daniel Barenboim frequenta con assiduità la musica di Edward Elgar, che difatti è divenuta presenza costante nella programmazione vocale, corale, cameristica e sinfonica della Staatsoper berlinese. Di ciò è riflesso l’attività discografica che si è alimentata recentemente con il Concerto per violoncello e con la Sinfonia n.2, sempre a capo della Staatskapelle. Naturale dunque che arrivasse a ruota la ancor più nota, quantomeno nei paesi anglosassoni (e più bella? difficile dire) Sinfonia n.1, opera del 1907-08. Con i suoi 50 minuti circa, i suoi 4 tempi classici, la sua immediatezza tematica diluita in una struttura armonica di rara ingegnosità e modernità, la sua esemplare orchestrazione, la Sinfonia n.1 è pagina di ampio respiro, come di un Brahms del XX secolo. Richiede dunque in sede esecutiva che ne sia rispettato per prima cosa il passo solenne, maestoso, da un certo punto di vista estroverso, eppure controllato entro i limiti di uno stile e di un gusto nobili: tutto il contrario della deriva “pompier” che si rintraccia in certe incisioni, specie di direttori inglesi. Sottolineando ciò, si stanno già elencando i pregi invero di questa Prima elgariana, che scaturisce dalla superlativa attitudine dell’interprete argentino nel bilanciare il rigore formale e la libertà di uno slancio espressivo che scalda la sua orchestra, prima ancora che la platea. Quando poi il lirismo di Elgar prende una piega particolarmente riflessiva, come nello splendido Adagio che fece piangere dalla commozione Hans Richter, primo interprete nonché dedicatario della composizione, la bacchetta di Barenboim sembra attingere con la più stupefacente naturalezza alle radici al contempo brahmsiane e wagneriane del pensiero elgariano, rispettando tuttavia quella fluidità piana e leggera che è prerogativa, tra le più appaganti, del musicista nato nel piccolo villaggio di Broadheath, alle porte della città di Worcester, il 2 giugno del 1857.
Enrico Girardi