interpreti R. Hermann, C. Lindsley, A. Scharinger, R. Wörle, E. Wottrich, J. Gottschick
direttore Gerd Albrecht
orchestra Deutsches Symphonie-Orchester Berlin
1 cd Crystal 67081
Si ha un bel dire che, davanti a due opere d’uguale soggetto, il politically correct imponga di valutarle indipendentemente l’una dall’altra: di fatto, è impossibile. Manfred Gurlitt scrisse il Wozzeck negli stessi anni di Berg, entrambi ignari di tale concomitanza, acuita dalla comune decisione d’impiegare in pratica tal quale il testo di Büchner, solo comprimendone la già incredibile concentrazione drammatica. L’ironia è che, rispetto all’altro, il libretto di Gurlitt rende meglio la struttura da Stationendrama – dramma a episodi – assai in voga nel Novecento e tanto genialmente anticipata da Büchner: ma da analogo impianto, si sprigiona potere evocativo affatto diverso. Con Gurlitt, un’orchestra sostanzialmente da camera rende la parola protagonista, facendone tuttavia spesso impiangere la scabra essenzialità; con Berg, la sua trasfigurazione espressiva arriva persino (basta pensare all’effetto raggiunto dagli interludi che legano una scena all’altra, laddove la loro assenza rende ogni stazione narrativa di Gurlitt un’istantanea in sé conclusa) a far sembrare inadeguata la pur così dirompente carica emozionale di Büchner. Entrambi «fanno del dolore l’armonia conduttrice», come scrisse Gurlitt: il quale lo dipinge però col realismo di Georg Schrimpf o Niklaus Stoecklin, laddove Berg te lo scaraventa addosso con la forza dei Grosz, Dix o Schiele. L’esecuzione è molto buona, e Roland Hermann un ottimo protagonista: li si riascolterebbe volentieri nel vero Wozzeck.
elvio giudici