interpreti X. Sabata, J.M. Ainsley, M.E. Cencic, K. Gauvin, R. Donose, P. Kudinov direttore Riccardo Minasi orchestra Il Pomo d’oro 3cd Naïve 5373 prezzo € 36,60
Senz’altro capolavoro tra i massimi di Händel, quest’opera ha tuttavia alle spalle una storia discografica (ma anche teatrale) che né quantitativamente né qualitativamente è comparabile a un’Alcina, un Giulio Cesare o un Rinaldo pur non cedendola a nessuna delle tre. Anche un direttore di solide basi filologiche come Gardiner, generalmente così attento ai valori teatrali che in quest’opera quasi sopravanzano quelli musicali, per dirla senza eufemismi ha toppato di brutto. Solo in epoca recentissima il vento pare stia girando. Il video diretto da Paul McCreesh (purtroppo con una delle poche regie insignificanti di Graham Vick) si realizzò senz’altro grazie alla presenza massmediaticamente spendibile di Domingo, ma musicalmente è comunque piuttosto bello. L’incisione di George Petrou del 2007, in aggiunta a una direzione magnifica, ha pregi espressivi di forte evidenza che riscattano una vocalità un filo disordinata: caratteristica che si riscontra anche in quest’ultima incisione.
Minasi sollecita sonorità incisive, con forti contrasti e coloriti molto accesi, avendo come fine principale il teatro piuttosto che l’Accademia: approvo senz’altro, e sarebbe bello ascoltare la sua direzione in una recita. Il timbro controtenorile di Sabata è un po’ troppo simile a quello di Cencic, sicché Tamerlano e Andronico non sono immediatamente distinguibili. Cantano però entrambi assai bene, ed è anzi interessante ascoltare Cencic (che è anche coproduttore dell’incisione) attenuare il suo proverbiale gusto virtuosistico (non certo assente, peraltro: la grande aria di similitudine del second’atto scocca scintille) in favore di un’espressività raccolta ed essenzialmente patetica qual è quella di Andronico. Com’è noto, si dice Tamerlano ma si pronuncia Bajazet: sue le pagine più originali (apice l’allora audacissima scena in cui muore a vista), che John Mark Ainsley risolve con un senso della parola e un’aderenza stilistica entrambe ragguardevolissime, venendo a capo assai bene dei molti passaggi che portano la voce su un registro pressoché baritonale (e difatti è baritono l’interprete scelto da Petrou). In ambito femminile, Alexandra Donose, che s’era persa un po’ di vista dopo la Cenerentola di Glyndebourne, è un’ottima Irene mentre Karina Gauvin ha voce forse un po’ troppo matronale per Asteria ma compone un personaggio davvero notevole evidenziandone l’ambigua complessità con un senso teatrale spiccatissimo. Pavel Kudinov ha solo un’aria, quella di Leone: sufficiente però a fare apprezzare l’ottima tecnica con cui valorizza un timbro da vero basso: rarità, al giorno d’oggi.
Elvio Giudici