I cinque controtenori

controtenori Max Emanuel Cencic, Yuriy Mynenko,
Valer Sabadus, Xavier Sabata, Vince Yi
direttore George Petrou
orchestra Armonia Atenea
cd Decca 4788094
prezzo 18,60

 

I-5-controtenori

Magari, ci fosse simile possibilità di competizione tra i baritoni verdiani! Mai stata tanto numerosa, difatti, e soprattutto in continuo aumento (causa anche l’unico grave problema di voci siffatte: la loro relativa brevità di carriera), la schiera dei controtenori. Qui ne sfilano cinque, dei quali tre relativamente ancora poco noti ma che notissimi ho pochi dubbi lo saranno tra breve: la voce luminosa, morbida, bellissima di Valer Sabadus, che fa un capolavoro espressivo del brano gluckiano “Non so frenare il pianto”; lo spericolato virtuosismo -uno zinzino troppo autocompiaciuto – di Yuriy Mynenko, che risolve alla grande l’händeliano “Crude furie degli orridi abissi”; il registro acutissimo e chiarissimo, quasi da soprano di coloratura, di Vince Yi nella poco nota ma assai bella “Ti parli in seno amore” dal Farnace non di Vivaldi bensì del boemo Josef Myslivecek. Cencic è il grande interprete che ben si conosce, e che con la forza dell’accento e una personalità debordante pone in non cale la qualità non sopraffina del timbro. Sabata, al contrario, ha voce così bella e così ben emessa da rendere secondario il volume non debordante: lo stupendo lamento di Ottone dall’Agrippina di Händel è per me il momento magico di questa raccolta. La quale, diretta con incisività e libertà dinamica magnifiche da Petrou, cancella la limitazione sempre in agguato in ogni recital, ovvero il suo essere un’infilata di sole arie, per configurarsi come un validissimo titolo virtuale d’un repertorio caratterizzato per l’appunto da tale forma compositiva: quella che tanto tempo fa si considerava la sua principale debolezza e fonte di noia, oggi la vediamo quale originalissimo percorso narrativo tutto “primi piani” di stati d’animo, che mutano di continuo e continuamente si confrontano tra loro, diventando dunque (al di là dell’intrinseca bellezza musicale, qualità peraltro non certo secondaria e tutta riscontrabile in questo recital) linguaggio teatrale di sorprendente, fascinosa modernità.
Elvio Giudici

 

 


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306 Novembre 2024
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