liuto Hopkinsn Smith cd Naïve 8940 prezzo 18,40
Il liuto rinascimentale italiano (a sei “cori”, cioè corde accoppiate, a eccezione della prima che è singola) e il liuto elisabettiano (a otto) sono le più efficaci macchine del tempo che la civiltà occidentale abbia inventato. Se suonati con bravura, intimità e profonda cavata riescono a trasportare davvero il suonatore e gli ascoltatori che gli stiano vicini (in senso stretto, cioè a poca distanza reale e simbolica, con l’orecchio, con la mente e col cuore) in una stanza dell’Italia delle Corti o in una inglese all’alba del Seicento. Al secondo traguardo spazio-temporale punta l’ultima antologia registrata da Hopkinson Smith, autorevolissimo decano del liuto internazionale. Il programma, che prende spunto da alcuni brani traditi senza titolo e battezzati dallo stesso Smith, contiene composizioni di John Johnson, Anthony Holborne e John Dowland (qui indicati in crescendo di significato storico in seno al repertorio e alla resa sullo strumento). Bravura: districarsi con agio e leggerezza tra posizioni impervie della mano sinistra e minute inflessioni dell’accordatura (all’epoca non ancora basata sul “temperato equabile”, cioè sulla divisione dell’ottava in dodici semitoni uguali) necessarie per dare il giusto respiro a ogni tonalità; intimità: far cantare, far parlare, far ballare o lasciar sognare la musica, certo… ma anche darle la croccantezza di una cialda fragrante e la morbidezza di un cuscino di piume; profonda cavata: riuscire a produrre una gamma dinamica ed un’intensità espressiva ampia che mantenga udibile il suono più tenue e non volga in rumoroso fracasso quello più energico.
Carlo Fiore