interpreti Nora Gubisch, Alain Altinoglu cd Naïve V 5304
Un bel campionario di quello che potremmo definire l’atteggiamento di Ravel nei confronti della voce viene esposto in questo cd dalle molte, benefiche curiosità. Intanto, già un disco dedicato a Mélodies raveliane è rara occasione; e se quel disco contiene, insieme a due cicli fra gli esimi, le Histoires naturelles e le Trois chansons Madécasses, canti assai meno frequentati come le Cinq mélodies populaires grecques e le Deux mélodies hébraïques, il gioco e fatto. Ma non ci fermiamo qui, perché di gran gusto e intelligenza si rivela l’interpretazione che ne offrono il mezzosoprano Nora Gubisch e il pianista Alain Altinoglu, parigini dallo strano cognome e dall’affiatamento mentale assoluto, almeno a sentire da questo prodotto. È quasi consequenziale insistere su ciò che Ravel intese in ordine al canto, e non solo cameristico: completa emancipazione dai canoni dell’espressione tardoromantica e dallo strofismo tradizionale, con attenzione maniacale alla prosodia, ruolo di singolare estrosità del piano e, nelle mirabili Madécasses, anche l’ausilio in modalità anomale di tessitura di violoncello e flauto. Certo, un divario s’apre tra le secchissime, epigrammatiche Histoires naturelles, 1907, sui cinque testi in prosa di Jules Renard (che menarono scandalo e furono subissate di fischi), e le Chansons madécasses, 1926, in cui i versi di E.D. Parny vengono adattati entro una lingua di maggior abbandono lirico (si pensi alla stupenda Nahandove, prima fra le tre). Ma al fondo entrambi i cicli rispecchiano l’intento di reticenza emotiva che contrassegnò l’intera evoluzione di Ravel: la stessa che vediamo rivelarsi tra le esperienze radicali della giovane età e l’apertura a un’emozione più limpida come quella, per dire, che si manifesta nell’Enfant et les sortiléges: le Histoires valgono allora quale cartone preparatorio dell’Heure espagnole, come le Chansons madécasses sono il corollario della seconda delle operine.
L’interpretazione della Gubisch e di Altinoglu, s’è detto, pare esemplarmente forgiata sulla poetica simulatrice di questo grande illuminista senza mai però farsi condizionare dal didascalismo, anzi ponendo attenzione alle eterne simulazioni affettive come ai segreti cedimenti dell’anima di un autore come nessun altro vigile sui propri sentimenti. E basterebbe udire la prima delle due Mélodies hébraïques, Kaddisch, preghiera funebre su un testo aramaico di meravigliosa dolenza per intendere di che parliamo. Nelle Chansons madécasses ottimi sono gli interventi della flautista Magali Mosnier e del violoncellista Jerôme Pernoo.
Aldo Nicastro