pianoforte Andrea Bacchetti cd Rca 88765417242
A parte la K 162 (L 21), che se non ricordo male era inserita in un famoso album di 25 numeri estrapolato da Ricordi sulla scorta dell’edizione Longo, un tempo il viatico d’ingresso al mondo scarlattiano per ogni giovane pianista, le altre nove sonate scelte qui da Bacchetti non sono tra le più eseguite e ben venga la loro riproposta in sede discografica. L’interpretazione di Bacchetti è lodevole dal punto di vista timbrico (la timbrica del pianoforte moderno, ultra-moderno come il Fazioli!) e meno accattivante da quello ritmico-agogico (la sequenza scelta porta a una certa monotonia di ascolto e talvolta si desidererebbero degli stacchi di tempo più vivaci) ma si mantiene comunque sull’eccellente standard da lui raggiunto e perseguito in ogni sua proposta discografica e concertistica. Confesso però di non avere capito l’impianto editoriale (e quindi il suo valore) concepito dalla Rca-Sony per questo album, che porta il titolo di “The Scarlatti restored manuscript”. L’album viene presentato come il primo di una lunga serie, frutto di una joint venture tra la Biblioteca Marciana di Venezia e la Sony, e contiene un’ampia nota introduttiva firmata da Anna Claut, studiosa della stessa biblioteca. Che i più importanti manoscritti (non autografi) delle sonate di Scarlatti si trovino alla Marciana e alla Palatina di Parma lo sanno tutti, come tutti possono immaginare che su di essi abbiano preparato le loro edizioni o le loro catalogazioni tutti i più importanti studiosi, da Longo a Kirkpatrick, dalla Fadini a Pestelli e a Kenneth Gilbert (quest’ultimo ha redatto quella che mi sembra essere l’ultima edizione completa delle sonate in ordine di tempo, pubblicata dalla Heugel tra il 1975 e il 1984). Una discussione approfondita e recentissima sui problemi che sono alla base della cronologia delle sonate e che tiene conto di tutte le edizioni sopra riportate la si può trovare nel volume di W.D. Sutcliffe “The Keyboard Sonatas of Domenico Scarlatti”, pubblicato proprio quest’anno dalla Cambridge University Press, e al quale rimando il lettore specializzato. Ora, sarebbe interessante capire se e in che modo i manoscritti veneziani differiscono dalle edizioni più recenti, dando per scontato che la “vecchia” edizione Longo (quella che utilizzavano Horowitz o Gieseking, tanto per intenderci) era certamente stata condotta secondo criteri che nulla avevano a che fare con la moderna filologia. In altre parole, in che cosa consiste il valore aggiunto di una lettura “diretta” da parte di Bacchetti sui manoscritti della Marciana, rispetto a quelle condotte sulle edizioni pubblicate da Fadini o Gilbert, che possiamo presupporre mediate dal confronto tra più fonti manoscritte? Esiste in stampa una “edizione Bacchetti-Marcarini” che viene citata nel booklet del cd e quando si parla di “restored manuscript”? E come la mettiamo con il fatto che Bacchetti utilizzi qui uno strumento che nulla ha a che fare con quello pensato e utilizzato dall’Autore? Di tutto ciò le note di accompagnamento della Claut non parlano, limitandosi a riportare l’interessante storia dell’approdo a Venezia dei preziosi volumi ad opera del Farinelli e a concludere che, nonostante l’assenza di fonti autografe che testimonino una volta per tutte la paternità dell’immenso corpus di sonate, “nessun vero artista della tastiera potrà oggi permettersi di ignorare Domenico Scarlatti” (!).
Luca Chierici