direttore Philppe Herreweghe orchestra Royal Flemish Philharmonic sacd Pentatone PTC 5186 372
Dal direttore belga, barocchista di razza e autorevole filologo, ci si aspetterebbe un’esecuzione della “Grande” assai vicina a quella che l’orchestra della Gesellschaft der Musikfreunde – da cui per li rami discendono i Wiener Philharmoniker – avrebbe fatto ascoltare a Schubert nel 1825 (o 1826, la data non è certa) se non l’avesse rifiutata perché troppo difficile. O quanto meno simile alla prima esecuzione avvenuta al Gewandhaus di Lipsia nel 1839 (a undici anni dalla morte dell’autore), diretta da Mendelssohn; il quale, peraltro, quando cercò di eseguirla a Londra e Parigi si scontrò con lo stesso ostracismo viennese da parte delle orchestre locali che la giudicarono troppo lunga e infarcita di bizzarre innovazioni. In realtà, non sapremo mai come furono le prime esecuzioni di questa Nona Sinfonia (salita di grado dopo essere stata catalogata anche come settima e come ottava) entrata faticosamente in repertorio solo verso la metà del Novecento, ma sappiamo – dalle loro incisioni – come furono quelle dei grandi direttori degli ultimi decenni. Questa di Herreweghe fa parte delle più chiare e trasparenti anche se troppo legata alle indicazioni del metronomo. Inizialmente avvince per il suo slancio e il suo nervosismo, portati però avanti con irruenza tanto costante da privare la lettura della tensione fatta intravedere nelle prime battute.
di Giancarlo Cerisola