violoncello Yo-Yo Ma ensemble Silk Road Ensemble cd Sony 88875181012 prezzo 19,10
Come molte etichette applicate spesso con mano fin troppo disinvolta – come non pensare a Eco che definiva il postmodernismo termine “bon à tout faire” – anche quella di crossover si spreca, con esiti spesso generici quanto velleitari; non è il caso offerto da questo disco della Sony, Sing me Home, che reca un marchio di garanzia insospettabile come quello di Yo-Yo Ma, il grande violoncellista cinese naturalizzato americano che del crossover ha fatto da tempo una professione di fede, impegnato ad abolire le tante barriere delimitanti gli spazi di un paesaggio musicale sconfinato nella convinzione dello straordinario potere insito nell’incontro tra le varie culture. Progetto che è andato realizzando con il complesso multietnico da lui costituito, il Silk Road Ensemble, formato da esecutori di prima qualità, con occasionali aggiunte preziose quali quelle di Bill Frisell che è presente nel disco, nell’estroso arrangiamento di una melodia bengalese. Una delle tante facce del poliedrico schermo di questo album – il quinto prodotto da Yo-Yo Ma con i Silk Road – che snodano in sequenza motivi tradizionali irlandesi, macedoni, giapponesi, africani, indiani, persiani e altri ancora, rievocati attraverso raffinate elaborazioni che mettono in gioco di volta in volta i rispettivi strumenti originali quali il liuto pi’pa, il flauto shakuhachi, il violino kemenché. Un viaggio ricco di stranite delizie e pure di sorprese, come quella della nona traccia, Going home, che non tardiamo a riconoscere come la melodia dolcemente avvolgente usata da Dvorák nella Sinfonia Dal nuovo mondo, una delle prime testimonianze di crossover; ed ancora l’apparizione del classico St. James Infirmary Blues ricreato in una prospettiva gipsy, con violino, clarinetto e fisarmonica impazziti e la voce di Rhiannon Giddens. Un viaggio fantastico, dunque, guidato da un grande musicista che uscendo dal sancta sanctorun delle Suites per violoncello solo di Bach, mosso da quella curiosità che aveva spinto il grande Menuhin ad avvicinarsi all’esperienza di Stéphane Grappelli e a quella di Ravi Shankar, ci invita ad allargare il nostro sguardo verso orizzonti sconosciuti.
Gian Paolo Minardi