Smetana – Dalibor

interpreti  D. Buresova, R. Samek, A. Poláckova, I. Kusnjer, J. Stava
direttore Jiri Belohlávek
orchestra e coro Bbc Symphony, Bbc Singers
2 cd Onyx 4158
prezzo 28,80

Dalibor

Dalibor, classe teatrale 1868, fu giudicato fin dal suo primo apparire a Praga una sorta di manifesto del teatro musicale cèco ma subì la curiosa sorte di aprire il proprio iter nel segno del trionfo e di chiuderlo, sei recite più tardi, nel più mesto dei disinteressi generali. A evidenza le rivendicazioni etniche esigevano messaggi di solidarietà ben più espliciti di quanto non dovette sembrare questo di Smetana; incentrato, è vero, sulla figura di un eroe boemo del passato che paga con la vita l’amore per il popolo ma cui il compositore dedica una musica assai poco generosa nei riguardi dell’elemento nazionalpopolare: un coro e una danza all’inizio del secondo atto, in pratica. E poiché nel teatro di Smetana, Sposa venduta inclusa, manca una scientifica meditazione sulla peculiarità delle radici etniche al modo che sarà in seguito tipico del teatro di Dvorák e soprattutto di Janácek, è corretto ammettere che le lusinghe del Dalibor finiscano col giocare in modo prevalente la propria valenza sul terreno della grande lingua comune del centro Europa. Nulla di sorprendente salvo che per un’elementare constatazione, e cioè che se la lingua dell’opera si fonda su una magistrale perizia dell’orchestra, memore di tutto il maggior passato prossimo, Weber e Mendelssohn in primis, e con abili richiami al wagnerismo della prima stagione, essa tuttavia non dà per un solo istante l’idea di un inerte ricalco tutto invece impreziosendo di personalissima linfa. La quale ingemma di felici momenti buona parte del suo percorso, specie nel secondo dei tre atti, parendo più votata a privilegiare la corda dell’elegia che non quella dell’epos. Oggi disponiamo di una riproposta di questa partitura alquanto negletta in territorio occidentale per iniziativa della Onyx e possiamo dircene grati perché non si è forse in presenza di un indiscusso capolavoro ma certo di un esemplare dell’operismo che non merita siffatta situazione di estraneità al repertorio. L’esecuzione, affidata a uno staff del teatro cèco in grado di percepire con giustezza le peculiari sonorità dell’opera, svela una presenza direttoriale autorevole in Jiri Belohlávek, il quale è in grado di sorreggere con amorevolezza il fiorire delle a volte splendide melodie di Smetana ma altresì di connotare col giusto piglio le assonanze con il teatro europeo coevo,  vedi il vibrante “tono” lohengriniano del terzo atto in cui si decidono gli infausti destini dell’eroe eponimo e la bellissima aria di Milada “Jak je mi” avvolta in un bruciante alito weberiano. Merito se ne dovrà fare anche alle compagini corale e orchestrale della londinese Bbc, magnifiche per ridondanza marziale e brunitura. Non altrettanta eccellenza va riscontrata nelle parti vocali, se si eccettuano lo squillante timbro sopranile di Dana Burešova, che è un’appassionata Milada, e la pastosa voce di Jan Stava, il carceriere Beneš. Il rimanente non brilla ma è conforme alla norma di una lodevole partecipazione: vedi il tenore Richard Samek, Dalibor, il soprano Alzbeta Poláckova, Jitka, il baritono Ivan Kusnjer, Wladislaw.
Aldo Nicastro

 

 

 

 


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