baritono Gerald Finley
pianista Julius Drake
cd Hyperion A67830
La ballata, genericamente parlando, è una struttura strofica mirata a illustrare una microvicenda. Teatro in miniatura, sceneggiato sulle piazze o nei ritrovi conviviali: di cui la musica ha sempre costituito parte essenziale, via via evolvendosi verso un genere cameristico nel quale lo stile si costruisce attraverso l’accento: da variare, colorire, chiaroscurare così da tenere sempre desta l’attenzione, a sua volta sollecitata da scritture nelle quali i compositori chiamano a raccolta tutta la loro immaginazione. Il repertorio dispiegato da Finley è molto vasto: dalla tradizione popolare inglese (gli inglesi, si sa, sono il popolo più “teatrale” d’Europa così come hanno prodotto la narrativa più eclettica e immaginosa) al romanticismo, fino al grande musical americano, di cui offre un portentoso esempio nel bellissimo Racconto dell’Ostrica di Cole Porter. In area romantica – Loewe, Schubert, Schumann, Brahms, Wolf – i confronti potrebbero essere intimidenti (il Cavaliere del fuoco di Fischer Dieskau-Richter!): non per Finley. Che non solo canta benissimo, perché è un grande cantante: ma sceneggia ciascun brano raccontandolo e facendolo vivere come uno straordinario pezzo di teatro. Teatro all’inglese, si badi: dove l’accenno fa sempre aggio sulla sottolineatura vistosa, il chiaroscuro sul contrasto marcato, l’ironia del sorriso sulla risata, la classe sull’effetto.
di Elvio Giudici