CREMONA
CREMONA – La ricorrenza che i nostri teatri di gran nome hanno eluso quasi completamente (il caso eccezionale di Lodoïska alla Fenice e Santa Cecilia rimane, appunto, l’eccezione) è il 250enario della nascita di Cherubini. Ma altri teatri, quelli di cui si parla poco perché fanno meno chiasso mediatico, ci hanno pensato. Sfidando il feticismo regionale (fare Medea, dopo la Callas, e a pochi chilometri dalla Scala pareva una provocazione) è l’abitudinarietà del pubblico, il Ponchielli di Cremona ha prodotto per il circuito lombardo proprio l’arduo capolavoro d’autore (si è vista e si vedrà anche al Fraschini di Pavia, a Sociale di Como e al Grande di Brescia, ndr). Azzeccando quasi tutto, e realizzando un’edizione che il passaparola dei melomani ha fatto diventare quasi subito un appuntamento prezioso. Certo, la lettura di Antonio Pirolli, prudente e consapevole dello stile, non aveva sempre il nerbo giusto e in alcuni numeri (la grande aria di Neris o certi recitativi di ampio respiro) mancava di varietà nel fraseggio o di solennità, ma le bellezze della scrittura orchestrale non sono andate perdute. Dimostrando tra l’altro che la consapevolezza acquisita dagli strumentisti (e direttori) nell’ambito del repertorio preromantico non è una prerogativa esclusiva dei complessi specializzati e che l’istinto teatrale di cherubiniano, seppure spesso stenografato negli accompagnamenti operistici, come accade in Medea, non ha bisogno delle ipercalorie orchestrali della tradizione. Soprattutto quando, in palcoscenico agisce una compagnia che punta più sull’omogeneità delle parti di contorno, anche per lasciare più spazio di manovra alla presenza adeguata, qua e là perentoria, di Maria Billeri, cui è stata rinnovata la fiducia dopo la discreta Norma della stagione lombarda 2009. E’ difficile oggi immaginare una vocalità che soddisfi le prerogative non ordinarie della protagonista, e la Billeri in virtù d’una sicurezza e pasta di voce ben amministrati, se la cava bene, anche se le manca un po’ di carisma e certe scomodissime escursioni di registro la portino ad arrivare nella zona acuta con volume e asprezze eccessive. Comunque, Medea c’era. E funzionava anche come presenza; anzi da un certo punto di vista pareva che l’originale spettacolo fosse stato articolato tenendo conto della sua figura e d’un istinto gestuale non comune. Di servizio, s’è detto il resto del cast (con una segnalazione positiva in più per Alessandra Palomba/Neris), con voci giovani ma piuttosto timide.