[direttore] Flavio Emilio Scogna
[ensemble] contemporaneo dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
[auditorium] Parco della Musica
Certi accostamenti fanno correre i pensieri, moltiplicano le letture, le estremizzano in percorsi di senso imprevedibili: ne può nascere la stizza per un tabù infranto o, all’opposto, la seduzione e il fascino per l’originalità del contrasto, e via, nel mezzo, le tante sfumature tra gli estremi. Il contrasto c’era e si sentiva evidente. Da una parte due monumenti inscalfiti del Secondo Novecento, “Aroura”, di Iannis Xenakis, e “Ramifications”, di György Ligeti, entrambi per dodici archi. Dall’altra tre brani di autori ancora alquanto giovani: “Court Studies from The Tempest” (per violino, violoncello, clarinetto e pianoforte) dell’inglese Thomas Adès (prima italiana), “Living Fades” (per clarinetto, pianoforte e dodici archi) di Stefano Taglietti, e “Tetra” (per clarinetto, pianoforte e archi) di Lucio Gregoretti, i due ultimi su commissione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Era il contrasto tra l’organizzazione strutturale possente, ma nondimeno naturalistica, dei due capolavori novecenteschi, risposta a un’imprescindibile estetica dell’impegno, e i più recenti brani dei tre autori viventi, che tradivano senz’altro una maggior leggerezza di tecnica costruttiva, temperata tuttavia da un recupero di certi regimi retorico-semantici, espressivi, di vaga matrice tonale: una gestualità grottesca ma raffinata, alternata a un lirismo talvolta di maniera in Adès; un toccante espressionismo del clarinetto e del pianoforte contrapposto a uno statico dipanarsi di fasce degli archi in Taglietti; il subalterno ruolo di prolungamenti ed echi ripetitivi degli archi rispetto ai due strumenti solisti in Gregoretti (per non dire di un energico tema conclusivo che non sviluppa il suo chiaro potenziale contrappuntistico).
L’accostamento fa molto riflettere sulle seduzioni, le belle promesse, ma anche i rischi di potenziale convenzionalità di certe tendenze estetiche dell’oggi rispetto a un radicalismo dell’impegno costruttivo tutto novecentesco. E la proposta dell’Accademia di Santa Cecilia si è rivelata felice appunto per questo: ma felice è ancora l’idea che è alla base del progetto, la creazione di un ensemble contemporaneo di così elevato livello interpretativo (e i due solisti, il clarinettista Alessandro Carbonare e il pianista Francesco Buccarella meritano un ulteriore encomio anche e soprattutto per la loro impeccabilità d’insieme) e del suo spazio performativo, Convergenze, dove convergono, appunto, musicisti diversi, compositori diversi, ma, soprattutto, idee e pensieri che nel loro affrontarsi lanciano sfide di riflessione che proiettano lontano.
Marco Della Sciucca