INTERPRETI M. Sicilia, G. Kunde, I. Hotea, DIRETTORE Daniel Oren REGIA Stefano Poda TEATRO Regio
La Juive di Halévy ha inaugurato la stagione del Regio con un allestimento sontuoso di Stefano Poda e la direzione minuziosa ed appassionata di Daniel Oren. L’opera, che mancava a Torino da 150 anni, rispecchia il connubio romantico tra ricostruzione storica ed esasperate passioni.
Il libretto di Eugène Scribe pone in primo piano l’amore impossibile tra il principe cristiano Léopold e l’ebrea Rachel, figlia dell’orafo Eléazar, e – ambientato durante il Concilio di Costanza del 1404, periodo di feroci tensioni tra cattolici ed ebrei – intreccia la tragedia dei singoli al dramma collettivo, in cupe atmosfere che anticipano Don Carlo o Tosca; ed appunto un Te Deum dà avvio all’opera, con una processione di principi della Chiesa riccamente vestiti in cappe nere, “Tantum religio potuit suadere malorum” (A così grandi mali ha potuto indurre la religione): il verso di Lucrezio, posto sulla grande croce nello sfondo, assume un senso ancor più solenne nei due livelli del II atto, in cui si celebra la Pasqua ebraica e vengono mimate le storie di Cristo. Oltre al Coro di grande valore, svetta l’inossidabile Gregory Kunde, Eléazar, di voce potente
e fraseggio scandito, che conferisce grande rilievo alle contraddizioni del personaggio. Nel segno dell’ambiguità anche la figura del cardinale Brogni, un Riccardo Zanellato di grande espressività ed eleganza. Altrettanto ben delineato nella sua ambivalenza il Léopold di Ioan Hotea, tenore dalla linea nobile e vigorosa.
Notevole l’interpretazione di Mariangela Sicilia, commossa Rachel, dal canto straordinariamente vario e modulato, e splendida anche la Eudoxie di Martina Russomanno, voce di estrema agilità.
ANDREA POLI