Donizetti – L'Elisir d'amore

Donizetti - LElisir damore

L’elisir d’amore 
interpreti N. Machaidze, R. Villazon, G. Viviani, A. Maestri, B. Bargnesi
direttore Donato Renzetti
regia Laurent Pelly
teatro alla Scala
MILANO

MILANO – Doppio debutto scaligero per questo Elisir. Quello del regista francese Laurent Pelly, uno dei più fecondi e creativi dei nostri giorni, da un ventennio protagonista del teatro d’opera e di prosa europeo, che finalmente comincia a far capolino anche in Italia: di persona solo a Firenze per un nuovo allestimento della Piccola volpe astuta; tramite i suoi aiuti a Torino, a Palermo e alla Scala). E quello, attesissimo, del trentottenne tenore, messicano di nascita e francese d’adozione, Rolando Villazon. 
Vincitore undici anni fa di Operalia, l’autorevole concorso creato e patrocinato da Plácido Domingo, Villazon fu immediatamente proiettato sulla ribalta internazionale, e immediatamente la conquistò sia con la sua bella, omogenea, duttile e ben impostata voce “latina” di tenore lirico sia con la sua esuberanza scenica, favorita da un fisico elastico e sottile. Esuberanza che lo portò a caricarsi di troppi impegni, spesso in repertori impervi per la sua vocalità, tanto che a metà 2007 il suo organismo gli presentò il conto costringendolo a una lunga sosta coronata da un intervento alle corde vocali. Indubbiamente, la sua voce risulta oggi affievolita. Lo stile di canto compensa però in termini di fascino quanto ha perso in volume (un’oculata scelta del repertorio potrebbe garantirgli ancora molti anni di carriera): giacché l’artista è diventato ancora più grande. Sfoggiando una variegatissima tavolozza di colori e di accenti, in assoluta sintonia con una recitazione ammiccante e variegata, ha tratteggiato un Nemorino di una poesia malinconica e sfuggente alla Charlot, punto focale di uno spettacolo di impalpabile leggerezza ambientato in una provincia campagnola dell’Italia anni Cinquanta, che la felicissima ripresa di Hans Christian Räth, assistente di Pelly, taglia su misura dei singoli interpreti. 
Tutti di primissimo ordine, dalla vivacissima Adina di Nino Machaidze, al gustoso Belcore di Gabriele Viviani, fino all’irresistibile – sia scenicamente che vocalmente – Dulcamara di Ambrogio Maestri. 
Altrettanto fondamentali al felice esito complessivo sono parsi altri due eccezionali interpreti. Il coro di Bruno Casoni, di incredibile bravura anche nella recitazione: straordinaria per morbidezza e varietà d’intenzioni la scena contadine-Giannetta in cui viene rivelata l’improvvisa ricchezza piovuta addosso al sempliciotto che istantaneamente si trasforma nel partito più ambito del paese. E la direzione di Donato Renzetti, che non solo ha accompagnato i cantanti come adagiandoli su un cuscino di piume, ma ha sfoggiato veri e propri virtuosismi di concertazione, soprattutto nel settore dei fiati.

Giancarlo Cerisola


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