NEW YORK
[interpreti] N. Dessay, J. D. Florez, A. Corbelli, F. Palmer
[direttore] Marco Armiliato
[regia] Laurent Pelly
[teatro] Metropolitan
[interpreti] C. Alvarez, R.Pape, J. Calleja, H. Papian
[direttore] James Levine
[regia] Adrian Noble
[teatro] Metropolitan
Al Metropolitan la nuova conduzione di Peter Gelb ha fra le sue linee programmatiche anche lo svecchiamento delle regie. Vediamo allora in concreto che cosa è stato proposto quest’anno. Nuova per il Met, la produzione di Laurent Pelly della donizettiana Fille du Régiment già passata con successo da Londra e Vienna (e non da Milano), approda a New York con la due star del belcanto Natalie Dessay e Juan Diego Florez, che mantengono le promesse per altro già mantenute nelle performances precedenti. E per fortuna, dato che la produzione non è certo un miracolo di per sé: ipertradizionale, con poca fantasia, si basa tutta sulle capacità attoriali e vocali dei cantanti. E allora meglio non farci tanto caso e godersi la verve comica e le piroette vocali della Dessay, applaudire l’ennesimo bis di Florez nella famigerata aria Ah mes amis, ma anche l’ottima prova di Alessandro Corbelli come Sulpice e l’applauditissima Marchesa di Berkenfeld di Felicity Palmer. L’orchestra, diretta da Marco Armiliato, faceva tutto per i cantanti, come d’altronde era logico in uno spettacolo di questo genere. Completamente nuova invece, e non solo nuova per il Met, la produzione di Macbeth affidata a Adrian Noble, già direttore artistico della Royal Shakespeare Company, con scene e costumi di Mark Thompson. Ambientata, secondo il regista, in una Scozia post-seconda guerra mondiale (ma ad alcuni l’atmosfera ha ricordato quella del socialismo reale), l’azione si svolge su un’ampia area circolare, circondata da alberi che la racchiudono tutta, terminando in alto in un anello, a ricordarci che siamo comunque in un teatro. Le streghe sono massaie di mezza età in cappotti logori (sembrano vestite dall’Esercito della Salvezza), la scena del banchetto è sostituita da una festa da ballo con signore in abiti sgargianti. Durante il sonnambulismo, la Lady cammina in bilico su una fila di sedie approntata dalle streghe, mentre nel finale i soldati inglesi reggono i rami degli alberi davanti ai loro moschetti. In generale, lo spettacolo regge bene e l’atmosfera cupa ben si addice alla musica. Peccato per il taglio del balletto del terzo atto, cosa per altro abituale per il Met. Ottime le voci maschili, con il collaudato Macbeth di Carlos Alvarez, René Pape come Banquo (molto applaudito) e Joseph Calleja nel ruolo di Macduff. Sulla Lady di Hasmik Papian meglio stendere un velo, come pure sulla dizione del coro (ma al Met non hanno un coach di italiano?). Il punto di forza della serata però era nella direzione di James Levine, che ha saputo ricavare dall’orchestra un suono compatto e vigoroso.
Silvia Luraghi