Interpreti S. Frigato, G. Bridelli, K. Adam direttore Andrea Marcon regia Saburo Teshigawara teatro Malibran (La Fenice)
Come ormai d’uso comune, l’oratorio Il trionfo del tempo e del disinganno, il primo scritto da Handel, a Roma nel 1707, è stato proposto in forma scenica nella stagione lirica della Fenice, il 25 maggio scorso, al Teatro Malibran. Saburo Teshigawara ha firmato regia, scene, costumi, luci ed è intervenuto come coreografo e danzatore. Il libretto
del cardinale Pamphilj è un apologo morale: la Bellezza è schiava del Piacere, ma Disinganno e Tempo la conducono sulla via del pentimento.
Difficile ricavare, dal dialogo di queste quattro figure allegoriche, una vera drammatizzazione. Teshigawara ha dunque fatto scelte minimaliste: scarni inserti coreografici, via via diradatisi con il procedere del ravvedimento e della scelta ascetica di Bellezza, ed esili elementi scenici, strutture che delineano i contorni di cubi
vuoti, spazi nei quali gli attori entrano ed escono. Silvia Frigato ha interpretato Bellezza con voce leggera, abile nelle agilità, forse un po’ monocorde. Più
timbrata la voce di Giuseppina Bridelli (Piacere) cui è spettata l’aria “Lascia la spina, cogli la rosa”, poi divenuta “Lascia ch’io pianga”, in Rinaldo. I puristi avrebbero
voluto un controtenore per il ruolo di Tempo (a Roma nel 1707, certamente un castrato), ma una buona scelta si è rivelata il tenore Krystian Adam, ottima
presenza vocale e grande espressività.
Valeria Girardello ha interpretato con la giusta malinconia e qualche timidezza Disinganno. Andrea Marcon ha guidato l’Orchestra della Fenice con autorevolezza.
Si tratta di uno dei nostri direttori più accreditati nel repertorio barocco ed è indubbia la sua consapevolezza stilistica. Assai efficace l’intesa col palcoscenico, certo anche in virtù di una equilibrata scelta dei tempi. Accoglienza festosa, con molti battimani a scena aperta.
Massimo Contiero