MILANO
[direttore] Myung-Whun Chung
[orchestra]Filarmonica di Radio-France
[festival] Printemps des arts
“Sono nato cattolico”, diceva di sé Olivier Messiaen, di cui quest’anno – in Francia e in tutta Europa, troppo poco in Italia – si celebra il centenario della nascita. Così, quando André Malraux, allora Ministro della Cultura, gli chiede di scrivere un Requiem in memoria dei soldati caduti durante la Seconda Guerra Mondiale, lui risponde: “Perché Requiem? Non sono mica morti in eterno. Risorgeranno”.
Era il 1964, nasceva Et expecto resurrectionem mortuorum. L’esecuzione di questo brano, che dal terrore degli abissi conduce all’attesa della salvezza, è stato il cuore dell’omaggio reso a Messiaen da Printemps des Arts. Ampiamente finanziato dalla famiglia regnante a Monaco, da un quarto di secolo la rassegna tenta di proporre un’immagine più colta e limpida del fiscalmente disinvolto Principato. Protagonista è stata la più eccellente fra le orchestre francesi, la Filarmonica di Radio-France, per la direzione di Myung-Whun Chung che, con Pierre Boulez e Seiji Ozawa, vanta la maggiore consuetudine e i migliori esiti con la musica “messiaenica” e considera il compositore “un santo”.
Non basta la fede a fare un artista e Messiaen non sarebbe diventato Messiaen senza la sua concezione così inquieta del ritmo, senza la prima delle sue sfide, debitrice alle filosofie e alle religioni orientali: sottrarre la musica, un’arte che vive nel tempo, al fluire stesso del tempo, inseguendo le spirali, gli eterni ritorni di una frase, esaltando una lentezza estatica. L’esecuzione è stata di grande livello. In orchestra, solo le percussioni, gli strumenti a fiato e gli ottoni. Suono tellurico, vibrazioni primordiali, il sorgere e l’espandersi della luce della speranza; nel segno di un’attesa che Chung ha dilatato, mantenendo costante la tensione e la concentrazione di orchestra e pubblico. In programma anche L’Ascensione, brano giovanile, vicino alle ricerche neo-classiche degli anni Trenta del Novecento; dietro, batte il passo inconfondibile di Stravinskij e del suo furore ritmico, ma la personalità dell’artista è già sbozzata
Da qualche anno Printemps des arts ha mutato pelle, inseguendo l’obiettivo di proporre un ampio, anche eccessivo, orizzonte di scelte. Più accentuate sono l’apertura alla creazione contemporanea, la riscoperta di autori e periodi meno frequentati del repertorio storico, l’indagine del rapporto tra musica e altre arti, come è emerso dalla Giornata del cinema e della musica: film di Marcel Duchamp, Joan Mirò, Jean Mitry con musiche di John Cage, Edgar Varèse, Pierre Boulez, all’insegna di una collaborazione fra artisti oggi meno frequente.
Sandro Cappelletto