MILANO
[pianoforte] Lang Lang
[teatro] alla Scala
Preceduto da una eco mediatica davvero fuori dal comune, Lang Lang ha tenuto il suo primo recital ufficiale alla Scala, dove peraltro si era già esibito recentemente accanto a due direttori prestigiosi come Barenboim e Chailly. Lang non era nuovo al pubblico milanese, avendo già suonato in Conservatorio nel novembre del 2003 senza suscitare particolare interesse. E l’altra sera ha di nuovo messo in moto un meccanismo camaleontico attraverso il quale egli sembra dapprima cercare e trovare un ampio consenso anche da parte dell’uditorio più esperto (la sua lettura iperespressiva della Sonata in la maggiore postuma di Schubert è stata innegabilmente di grande fascino) per poi dare il via a una sempre più libera interpretazione dei testi (la Sonata di Bartok, eseguita con lo spartito, e una scelta di Preludes debussiani) fino ad approdare a una girandola di effetti di cattivo gusto (disordinata e roboante la Polacca op. 53 di Chopin e semplicemente irriconoscibile lo studio famosissimo op. 10 n. 3). Un pianista sicuramente ancora in fase di maturazione, che va tenuto a freno ed è, come si dice, espressione dei nostri tempi, di un “modo nuovo” di fare musica. Il fatto è che Lang, invece di elevare illusoriamente al rango di grande musica anche degli innocui pezzi da salotto, come facevano i grandi pianisti di un tempo, è capace di riportare la grande musica al livello della canzoncina cinese che egli ha concesso come bis. Ecco allora che Debussy e Chopin diventano il sottofondo di un piatto neanche troppo raffinato di riso alla cantonese consumato in un ristorante di periferia. Pubblico in delirio, standing ovations, ma uno dei maggiori sponsor di Lang, Daniel Barenboim, si è limitato a una brevissima presenza nel palco della sovraintendenza e ha pensato bene di andarsene alla chetichella : le ragioni del marketing non riescono evidentemente del tutto a prendere il sopravvento sulla sua enorme e raffinata musicalità.
Luca Chierici