pianoforte Mikhail Pletnev, Daniil Trifonov festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo teatro Donizetti BERGAMO “Tutt’altra scioltezza dimostrava il 23enne Daniil Trifonov, in un concerto a coté della premiazione dell’Abbiati, che nello stesso pomeriggio gli aveva tributato il riconoscimento di miglior solista 2013”
BERGAMO – Ci voleva un Festival dedicato a “Rachmaninov e la Russia” per mettere a confronto due generazioni di pianisti appartenenti a quella scuola russa, che “scuola” alla fine non è: per la molteplicità di articolazioni a cui oggi si aggiunge la contaminazione geografica, ovvero il disperdersi nelle tante succursali con sede tra la Germania e gli Stati Uniti. Eppure una cifra comune rimane. Quella di un “pensare in grande” che richiede “sprezzatura” virtuosistica e immaginazione visionaria. Lo hanno confermato due figure apicali del concertismo di oggi nei rispettivi recital al Donizetti di Bergamo: Mikhail Pletnev, di ritorno dallo stop che lo ha costretto a centellinare la sua presenza nelle sala da concerto, stupisce per quel modo di “cavare” il suono dalla tastiera e di restituirlo con connotazioni tutt’altro che banali. La Sonata op. 14 n. 2 rivive il classicismo viennese con gesti stilizzati e stupori rarefatti. Mentre la “Tempesta” si svolge all’insegna di un eccesso di divagazioni e dimostrazioni che impediscono alla tesa architettura beethoveniana di dirigersi dritta alla meta. Così come nella Humoreske di Schumann: dove Pletnev asseconda la poetica del frammento senza provare a ricostruire il segreto, per quanto ellittico, percorso espressivo d’autore. Forse a questo Pletnev sono più congeniali i 24 Preludi di Scriabin, restituiti per paradosso con una misura chopiniana.
Tutt’altra scioltezza dimostrava Daniil Trifonov (nella foto) in un concerto a coté della premiazione dell’Abbiati, che nello stesso pomeriggio gli ha tributato il riconoscimento di miglior solista 2013: ventitreenne, reduce da importanti affermazioni nei concorsi di Mosca e Tel Aviv, ma già musicista a tutto tondo nel gestire quel suo strabiliante disimpegnarsi sulla tastiera. In un programma che dopo la Serenata di Stravinskij pone al centro la Variazione, passando dai russi (il Tema e Variazioni di Ciaikovskij e le Variazioni di Rachmaninov su un preludio di Chopin) agli schumanniani Studi sinfonici, Trifonov dà i brividi per il modo di oltrepassare la soglia del “pianistico” e vivere una dimensione sognante, esaltata e irrequieta: ma sempre agganciata a un canto “interiore” da sentire e condividere in maniera autentica.
Andrea Estero