Rossini – L'Italiana in Algeri

Rossini - LItaliana in Algeri

interpreti D. Barcellona, J. Osborn, B. De Simone    
direttore Enrique Mazzola
regia Joan Font (Les Comediants)
teatro Comunale
FIRENZE 

FIRENZE – Appena conclusa la suggestiva Tetralogia firmata dalla Fura dels Baus, è ancora la cultura catalana a firmare una virtuosa cooperazione tra Firenze, Madrid, Bordeaux, Houston: alla prestigiosa compagnia teatrale di Comediants e al suo regista Joan Font si deve la straordinaria Italiana in Algeri, accolta con un successo clamoroso al teatro del Maggio. “Surreale, onirica, coloratissima e danzata come fosse un musical” si è scritto: in effetti, non c’è stato un solo momento dell’opera rossiniana che non fosse sottolineato da spiritosissime controscene, gestualità furbesca e ammiccante, movimenti grotteschi di masse corali (bravissime), figuranti e danzatori seminudi, come se tutta la storia si svolgesse in riva al mare (o piuttosto a una piscina), con le onde raffigurate con strisce lucenti mosse a vista. Costumi che avevano qualcosa di assurdo (immaginati da Joan Guillén) per personaggi esilaranti, turbanti colossali, pareti che si ripiegavano, lune che scorrevano nelle sfondo, ammiccanti “reggiseni” per gli eunuchi; tutto un giuoco visivo luminosissimo e scatenato nella ritmica, perfettamente rispondente a certe pruriginose allusioni del libretto, che Font ha disposto nell’arco di una sola giornata, un po’ una folle journée come Le mariage de Figaro. 

Sulla stessa vitalissima lunghezza d’onda interpretativa si poneva la direzione di Enrique Mazzola, che ha versato un po’ d’acqua nel suo furore di qualche anno fa (pensiamo alle sue Nozze di Figaro di Montepulciano), ma mantenendo uno spiccato senso ritmico e un gusto della leggerezza quasi filigranato (…). Sulla scena, un cast di gran classe: a partire dall’eccezionale Daniela Barcellona, esilarante interprete di Isabella e vocalità stellare sia nel grave che nelle impervie fioriture, a John Osborn, autentico ed elegante tenore rossiniano, anche se un po’ sperduto come spessore vocale nel grande palcoscenico fiorentino (…).
Cesare Orselli 
(la versione completa della recensione compare sul numero 130 di “Classic Voice”, marzo 2010)

 

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