Interpreti E. Gruberova, M. Volle, S. Kaluza, R. Hernández direttore Marcello Viotti regia Daniel Schmid scene Bernhard Kleber costumi Florence von Gerkan 2 dvd ArtHaus Musik 107 341 prezzo € 29,90
Sulla Beatrice di Tenda conservo una radicata opinione: poco Bellini, molto bellinismo, detta altrimenti poca invenzione molta maniera. E dire che esistevano tutte le condizioni perché l’opera successiva a Norma godesse di stato di salute eccellente; ma di essa fa fede solo l’innegabile maggior cura della parte a recitativo anche in ragione di una più esperta manovra dello strumentale, punto e basta. Le vie del melodramma, insomma, non sono mai lineari anzi talora sono proprio storte; il Nostro, insomma, non si trovò nel suo miglior momento, fede facendone l’anemia di stupore vocale della nuova opera (oltre che il noto malanimo intervenuto tra costui e il Romani, un tempo librettista del cuore). Né è valsa questa nuova edizione video proveniente da Zurigo ad alimentare propositi di palingenesi in chi scrive; vuoi per la tendenza all’anonimia di tanto del materiale dell’opera vuoi per la complessiva modestia dello spettacolo che abbiamo sotto gli occhi. È pur onesto far delle differenziazioni: si salvano la protagonista, Edita Gruberova, e la bacchetta del compianto Marcello Viotti, che reputo una delle poche ad aver confidenza col fraseggio e la passionalità belliniane. La Gruberova, tredici anni fa (la rappresentazione all’Opera zurighese è del 2001), aveva quasi intatte al suo arco le frecce di grande belcantista che l’hanno resa celebre e talune puntate alla ipersfera del pentagramma la vedono ancora vincente senza intoppi; e si potrà al più discutere circa la esigua capacità di rispondere nei centri alla vocalità di un autore che sta pian piano evolvendo verso una tensione drammatica fondata piuttosto sul recitativo che sulle prodezze della fiorettatura. Ma ciò ammesso bisogna convenire che il tasso di bravura è tuttora altissimo e scatena con giustezza l’entusiasmo del pubblico. Viotti, dal suo canto, accompagna il canto con perfetta adesione al modello vocale fruendo dell’ottima compagine del teatro svizzero. Le cose si fanno assai più precarie col resto della compagnia di palcoscenico: non convince la Agnese di Stefania Kaluza, che è pur personaggio cui pertengono alcune delle rare punte di bellezza della partitura, per via di un’emissione dura e per la scarsa personalità attoriale, né il Filippo Maria Visconti di Michael Volle, timbro talora effusivo in uno strumento che è esile di suo; di modo che l’unico a competere in qualche maniera col canto ispiratissimo della Gruberova mi pare il tenore Raúl Hernández il cui Orombello è discretamente a posto con lo stile, anche se la parte è quella che è. Resterebbe da dire della regia e dell’impianto scenico, e sarebbe atto di carità non parlarne. La scena, si fa per dire, è un’intelaiatura in ferro battuto buona a ogni uso che fa tornare in mente l’interno di una capsula spaziale o, a scelta, un fabbrica di materiale metallurgico, ma entro essa si muovono personaggi e coro addobbati in guisa di signorotti borghesi dell’Ottocento, non si sa a quali mire. E i protagonisti vi si adattano senza uno scatto, un’idea che facciano pensare a un collegamento con le prodezze di cui sopra. Molto rumore per nulla, direbbe quel signore di cui abbiamo contezza.
Aldo Nicastro