[interpreti] F. Cedolins, S. Ganassi, V. La Scola, A.Papi
[direttore] Giuliano Carella
[orchestra] teatro Liceu
[regia] Francisco Negrin
[regias video] Pietro D'Agostino
[formato] 16:9
[sottotitoli] It., Ing., Fr., Ted., Sp., Cat.
[dvd] 2 Arthaus 101 465
In due parole: le migliori Norma e Adalgisa uditesi dagli anni Settanta, quando le impersonavano Caballé e Verrett (anche insieme in una fantasmagorica serata al Met nel ’76); e anche la Norma diretta con più cognizione di stile e di accompagnamento dopo quella di Bonynge.
Esempio calzante, quest’esecuzione, di come l’ottima tecnica vocale dapprima suggerisca e poi consenta un indirizzo interpretativo. Norma stupendamente e originalmente femminile, questa della Cedolins, in perfetta simbiosi con l’Adalgisa plasmata dalla Ganassi. Ma per rendere tale aspetto, con tutto quanto ne deriva in termini di sensualità, tenerezza, vulnerabilità, orgoglio, postulato indispensabile è l’affidarlo a linea vocale il più possibile omogenea, fluida, luminosa: impossibile a ottenersi ove appoggio, controllo e proiezione del fiato non siano ciò che invece ci viene fatto ascoltare qui da entrambe le cantatrici. Ma poi è l’accento, ancora una volta, a fungere da discrimine tra la corretta esecuzione e l’interpretazione memorabile: accento che simultaneamente è il portato ma anche il fine della gran tecnica. I molti passi di furore, ad esempio, nei quali la scrittura si scompone in guizzanti melismi che la tradizione imporrebbe eseguiti sempre di forza per omaggio a certo (discutibile) passato rossiniano, qui ricevono sfumature molto più ambigue ma per ciò assai più interessanti nella loro maggiore complessità. Non interessa tanto il coturno, insomma, cioè a dire quel tono aulico e furente che bascula tra i due estremi dell’iracondia e dello sfinimento: quanto piuttosto le più sottili e intime sfumature dell’amore. Che è poi quanto davvero vale, nella tavolozza espressiva di un’opera la cui modernità sta proprio nel suo essere, dell’amore, analisi oltremodo acuta condotta attraverso scritture vocali che sono veri e propri oscillogrammi emotivi.
E dunque, trovo stupefacenti certe frasi affidate all’alito d’un sussurro (una per tutte il “tremi tu? e per chi tu tremi?”), dove dal profondo di un’anima esulcerata sale il conturbante profumo d’una sensualità più che mai viva. Trovo formidabile l’idea d’un duetto finale indirizzato lungo inequivocabili accenti da duetto d’amore (e Norma che impiega il pugnale per accarezzare il viso di Pollione, è tratto assai suggestivo). Mi sembra che un “Teneri figli” intriso di dolcezza, di struggimento memore di quel passionale passato di cui essi restano testimonianza, abbia insite ben altre possibilità espressive – difatti qui accennate con straordinaria finezza – rispetto a una scandita declamazione tragica: e dopo tutto, lo squisito plasmarsi del legato posto a reggere le ampie frasi “essi pur dianzi delizia mia” e “essi nel cui sorriso”, mi pare accolga quanto detto prima e prepari quanto seguirà, con logica teatrale – nonché musicale – ineccepibile. Inoltre, una Norma così femminile, vulnerabile e appassionata (oltre che mai stata altrettanto bella: ed essendo questo un video, è fattore non secondario), apporta spontaneamente tratti di lancinante melanconia nei duetti con Adalgisa: dove la fusione timbrica delle due voci è magnifica nel mantenere entrambe sempre discernibili ma entrambe sempre affini proprio sul terreno dell’accento, ad esprimere ventaglio chiaroscurale la cui eccezionale ampiezza è frutto in pari misura di tecniche da fuoriclasse e sensibilità da grandi artiste.
Che possono esprimersi compiutamente entrambe, grazie alla sensibilità di Carella. Tempi, sonorità, dinamiche, colori, accolgono ogni minimo suggerimento del palcoscenico, sviluppandolo e rilanciandolo nel mentre che lo strumentale accoglie le voci come su un cuscino morbidissimo: così si accompagna il belcanto, e solo così – fornendo l’illusoria sensazione che la voce sia il più bello degli strumenti dell’orchestra – gli si consente di sviluppare appieno i propri contenuti espressivi. Bisognerebbe adesso parlare dei due interpreti maschili, dei quali questo video rappresenta una delle ultimissime testimonianze: non ne ho voglia, perché non mi va di rovinare simile festa con la descrizione di miserandi orrori.
ELVIO GIUDICI